Operazione Alcatraz, spaccio di droga nel carcere di Augusta: arrestate 11 persone
Come il noto penitenziario americano, è stata ribattezzata Alcatraz l’operazione della Dda di Catania che ha sgominato un’organizzazione dedita al traffico di hashish all’interno del carcere di Augusta. Undici persone sono state arrestate, nove in carcere mentre per due degli indagati sono stati disposti i domiciliari.
La droga – e in alcuni casi anche dei telefonini – entravano nell’istituto di pena insieme a detenuti al rientro da permessi premio, oppure nascosti in involucri di patatine da persone in visita dall’esterno. Ma i sistemi erano vai, anche pannolini per bambini o brick di succhi di frutta lasciati in appositi cestini dei rifiuti da dove venivano recuperati da chi sapeva cosa fare.
L’indagine hanno preso le mosse dalle dichiarazioni di alcuni detenuti che hanno permesso, attraverso una serie di accertamenti e servizi di controllo, di risalire e ricostruire l’organizzazione ed il traffico di droga in carcere. Un’attività tecnica condatta dal Gico del nucleo di Polizia economico finanziaria della Guardia di finanza di Catania e dal nucleo Investigativo regionale di Palermo della Polizia penitenziaria.
Sono stati arrestati e condotti in carcere il 39enne Ignazio Ferrante, Michele Ferrante (60), Andrea Marino (46), Domenico Misia (36), Giuseppe Misia (25), Angela Palazzotto (48), Valentina Romito (32), Andrea Scafidi (32) e Carmelo Valentino (52). Disposti invece i domiciliari per Giuseppe Arduo (26 anni) e Clotilde Maranzano (61) anni. Il provvedimento restrittivo è stato eseguito tra Sicilia, Calabria e Friuli Venezia Giulia.
Secondo le risultanze d’indagine, a capo dell’organizzazione vi sarebbero stati i detenuti Andrea Marino e Ignazio Ferrante. Per l’accusa, il primo “avrebbe impartito dal carcere direttive” a complici all’esterno su “quantitativi, tipologia, prezzi e modalità di pagamento della droga, coordinando le successive fasi di introduzione clandestina e cessione ad altri detenuti”. Il secondo, si legge nelle carte dell’inchiesta, “avrebbe curato l’approvvigionamento, il confezionamento, il trasporto e l’ingresso dello stupefacente” nella struttura carceraria, coadiuvato da sei complici. Ferrante, secondo l’indagine, avrebbe così “sfruttato” la sua mansione di addetto alle pulizie per recuperare, con vari stratagemmi, droga e telefonini dai rifiuti.
Il traffico di droga all’interno del carcere di Augusta era fiorente. Il prezzo di un panetto di hashish, secondo quanto ricostruito dagli investigatori, si attestava tra i 1.500 e i 2.000 euro. Per il pagamento, si sarebbe fatto ricorso a carte prepagate nella disponibilità di complici all’esterno, in particolare la madre e la compagnia di Ferrante e la compagna di Marino. Le tre donne si sarebbero quindi occupate della “contabilità” dell’organizzazione.
Durante le indagini, per tre persone è scattato l’arresto in flagranza per spaccio. Sono stati sequestrati, in diversi momenti, 15 panetti di hashish e diversi telefoni cellulari.
L’attività criminale veniva gestita anche attraverso i cellulari introdotti in carcere. Dotati di sim intestate a persone inesistenti, erano – secondo la Dda – “strumento fondamentale per le quotidiane comunicazioni con l’esterno”.