“Se davvero Shakespeare fosse siciliano? Ci piacerebbe, per spirito di patria, poterlo credere, ma la storia, si sa, non la si fa coi se”! Da questa suggestione, prende avvio lo spettacolo “Troppu trafficu ppi nenti” di Andrea Camilleri e Giuseppe Dipasquale (che cura anche regia e scene). Lo spettacolo, prodotto dal Teatro della Città – Centro di Produzione Teatrale, sarà in scena al Teatro Massimo di Siracusa sabato 11 (ore 21) e domenica 12 (ore 17,30) e chiude una stagione di presenze e di successo che conferma il desiderio da parte della città di avere un teatro con una stagione ricca di appuntamenti.
“Michele Agnolo o Michelangelo Florio (Scrollalanza dal lato materno), di origine quacquera, visse parte della sua vita, sfuggendo alle persecuzioni religiose, nelle isole Eolie, a Messina, a Venezia, a Verona, a Stratford e a Londra”, dice l’autore e regista Giuseppe Dipasquale. “E fu autore di molte tragedie e commedie ambientate nei luoghi suddetti, che dimostrava di ben conoscere, così come dimostrava di ben conoscere la lingua italiana ed il teatro italiano, nonché di avere una buona dimestichezza con la scena italiana. – continua – Alcune sue opere rinvenute sembrano essere la versione originaria di altre ben note opere attribuite a Shakespeare, come Troppu trafficu pì nnenti, scritta in messinese, che potrebbe essere l’originale di Troppo rumore per nulla di Shakespeare, apparsa 50 anni dopo”.
Una bella suggestione, senza dubbio. Da cui è nata l’idea di un Troppo rumore per nulla in salsa siciliana. “Immaginiamo, quindi – afferma -, una Messina in mezzo al Mediterraneo così come Shakespeare se la poteva immaginare: esotica, viva, crocevia di magheggi, che avrebbero fatto di una festa nuziale il complicato intreccio per una giostra degli intrighi. Immaginiamola seguendo con le orecchie la parlata di quei personaggi che nel vivo di un dialetto carico di umori e ambiguità, dipana le trame di una vicenda originariamente semplice, ma dai risvolti complicatissimi. Immaginiamo che tutto ciò sia il frutto di un carattere tipicamente mediterraneo, se non propriamente siciliano ed ecco che potremo anche credere, anche solo per una volta, che William Shakespeare, di Stratford- on Avon , sia potuto essere quel tale Michele Angelo Florio Crollalanza partito in fuga da Messina. Poiché non c’è nulla di meravigliosamente siciliano che il potere complicare, da un dato semplice, una vicenda fino a farla diventare surreale”.
«Questo Troppu trafficu ppi nenti – conclude Dipasquale– è il modello eterno di un carattere terribilmente semplice, come quello siciliano, che ama complicarsi l’esistenza in un continuo arrovugliarsi su se stesso. Merito particolare di questa creazione, la lingua siciliana illustre ricostruita nelle sue scaturigini più nobili, con qualche spazio per la modernità del proverbiare e scelte fonetiche che appaiono insolite oggi, ma che dovevano essere consuete in corti dove il latino era la lingua diplomatica. Solennità di portamento e dizione rotonda per tutti tranne nei riquadri burleschi che il Bardo inframmetteva anche nelle più cupe storie per stemperarne l’amaro. Allora (nell’episodio della ronda notturna) si sprigiona l’umor faceto di tre guardie dai modi levantini, dal linguaggio misto di assonanze orientali e di comiche caricature espressive. Per il resto è teatro di parola, in cui espressioni arcaiche danno lo spessore di una cultura antica di secoli ai più ignota, di avere esitato a montare la macchina degli inganni che poi non vengono neanche mostrati”.