Interrogatorio di garanzia per i poliziotti arrestati: in due fanno scena muta

Davanti al gip del Tribunale di Catania, interrogatorio di garanzia dei due poliziotti siracusani arrestati nei giorni scorsi. Secondo le accuse, sarebbero stati complici dello spaccio in combutta con esponenti della criminalità organizzata.
In collegamento video dal carcere di Caltagirone e di Santa Maria Capua a Vetere (Campania), dove sono detenuti, i due – Rosario Salemi e Giuseppe Iacono – difesi dall’avvocato Sebastiano Troia, si sono avvalsi della facoltà di non rispondere, facendo scena muta.
Ha, invece, fornito la sua versione dei fatti e respinto ogni accusa l’altra poliziotta coinvolta nell’inchiesta, Claudia Catania. La donna si trova attualmente ai domiciliari.
Stessa misura cautelare per il netino Vincenzo Santonastato che – secondo l’accusa – avrebbe fiancheggiato i poliziotti nelle loro manovre illecite. L’uomo ha preferito non rispondere alle domande.




I poliziotti arrestati, il pentito: “Sequestravano droga e la consegnavano a noi”

“Mi disse di preparare 10 buste da 50 grammi di mannitolo per poter fare lo scambio di droga dopo le analisi condotte a Catania sullo stupefacente sequestrato”. Il mannitolo (una sorta di diuretico) sarebbe poi stato utilizzato al posto dello stupefacente sequestrato che veniva, così, “recuperato”.
E’ solo uno dei passaggi delle rivelazioni di Cesco Capodieci sui rapporti con i poliziotti indagati a Siracusa, con l’accusa a vario titolo di associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, detenzione e cessione di sostanze stupefacenti e psicotrope, corruzione, peculato e falso in atto pubblico.
Nello specifico, la frase pronunciata dall’ex “re del Bronx” si riferisce ad uno dei poliziotti soprannominato “Occhi di Ghiaccio” e alle volte anche “Savastano”.
Nelle sue dichiarazioni, il collaboratore di giustizia riferisce di “appartenenti alle forze che sottraevano droga sequestrata, anche corpi di reato e si rendevano complici dello spaccio. Sequestravano stupefacente e lo consegnavano a noi”.
Vengono citati anche singoli episodi. In un caso, ad esempio, dopo un operazione antidroga, i poliziotti avrebbero consegnato al gruppo criminale 500 grammi di cocaina, dietro corresponsione di 20 mila euro. “In totale avrò dato 100 mila euro”, stima ancora Capodieci riferendosi a due dei poliziotti arrestati.
A loro carico, è stato disposto un sequestro preventivo di beni pari, rispettivamente, a 209.908 euro e 374 mila euro, cifre calcolate a seguito di indagini patrimoniali, prendendo in considerazione le entrate complessive dal 2001 al 2021 ed effettuando una serie di controlli incrociati con le banche dati a disposizione. A proposito di uno degli indagati, scrivono gli investigatori “risorse finanziare eccedenti a quelle frutto di redditi dichiarati”.
Un altro collaboratore di giustizia, Massimiliano Mandragona, con le sue dichiarazione lascia intendere che per i poliziotti infedeli vi fosse una sorta di stipendio. “Dal 2015 a 2017 ogni quaranta giorni consegnavamo 2000 euro. (…) Ci conveniva visto che ci avvisava di tutte le attività della polizia, dei carabinieri e della finanza riferendoci le informazioni che aveva in merito e che potevano danneggiare noi o il gruppo del Bronx”.




I poliziotti arrestati, nelle indagini il contestato legame con il boss dello spaccio

Un rapporto stretto, consolidato, fatto di rivelazioni, “consigli”, consegne di quantità di droga sottratta a quella sequestrata, soldi in cambio. Questo il quadro che emergerebbe dalla lettura dell’ordinanza del Gip del Tribunale di Catania, relativa alle misure cautelari adottate a carico  di tre poliziotti siracusani ed un cinquantenne netino
Le indagini della Direzione Distrettuale Antimafia hanno preso le mosse dalle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Cesco Capodieci, ma la Procura della Repubblica di Siracusa stava già conducendo approfondimenti sugli indagati. Capodieci, considerato il “re del Bronx”, collabora con la giustizia da gennaio 2021, poco dopo il suo arresto.
Dall’attività investigativa della Procura era emerso, nel biennio 2019-2020, il presunto stretto rapporto di vicinanza che legava due dei poliziotti indagati ai familiari di Capodieci che, in un primo momento si sarebbe rivolto ai due per tramite dello zio, allo scopo di essere informato sull’esito della promessa che gli avrebbero fatto, riguardo ad un possibile intervento dei magistrati per attenuare, nel giudizio d’appello, la pesante condanna ricevuta in primo grado nell’ambito del processo “Bronx”. Il tutto si basava sul presupposto che i due poliziotti avrebbero “passato” adeguate informazioni, anche in considerazione del contributo reso da Capodieci come fonte confidenziale alle indagini della Squadra Mobile.
Aspettative che non si sarebbero poi realizzate, tanto che Capodieci avrebbe iniziato a maturare l’intenzione di collaborare con la giustizia, venendo scoraggiato dagli stessi poliziotti, preoccupati – secondo gli investigatori – delle possibili conseguenze per loro stessi.
In quel periodo, allora, i due indagati avrebbero tentato di dissuadere, tramite la compagna, un altro capo del sodalizio criminale del “Bronx” che voleva iniziare a collaborare con la giustizia. Per evitare di perdere il controllo della situazione, i poliziotti arrestati avrebbero rivelato al gruppo criminale di intercettazioni in corso, telefoniche ed ambientali. E per essere ancora più convincenti, avrebbero persino “avvisato” uno dei loro interlocutori, detenuto nel carcere di Cavadonna, spiegando che se avesse collaborato lo avrebbero “buttato” e “dimenticato”, come già fatto con altri collaboratori.
Uno dei poliziotti, in particolare, si sarebbe proposto di gestire in prima persona la collaborazione di Capodieci sostenendo che avrebbe raccolto le sue dichiarazioni, presenziando agli interrogatori e attuando una strategia già possa in essere nel 2013 con un altro collaboratore di giustizia. Nel frattempo,  gli indagati pensavo di potersi così garantire il tempo necessario per predisporre una loro strategia “difensiva”, nel caso in cui qualcosa fosse andato “storto”. Ad esempio, iniziando a spiegare che Capodieci, ex confidente, era animato da intenti vendicativi per non avere ricevuto da loro l’aiuto su cui contava. Avrebbero, dunque, fornito spiegazioni “convincenti” per giustificare i contatti con l’uomo, in quanto loro informatore, avvicinando i colleghi della Squadra Mobile per carpirne notizie relative alle indagini in corso e sconfessare le voci che iniziavano a girare sul loro conto.
Intanto, un maresciallo dei carabinieri della Compagnia di Siracusa (non indagato), avendo buoni rapporti con la compagna di Capodieci, sarebbe riuscito ad indurlo alla scelta della collaborazione che, a causa di riferite intromissioni degli indagati e dei familiari, si sarebbe perfezionata solo nel gennaio 2021, poco prima dell’udienza finale del giudizio d’appello del processo “Bronx”.

foto archivio




I Villini: “Parco pubblico sprecato: pieno di immondizia, impossibile frequentarlo”

Un luogo collocato nel cuore della città, che potrebbe essere un gioiello e potrebbe ospitare nel tempo libero le famiglie, i bambini, i turisti. Un parco cittadino forse “sprecato” quello dei Villini, il Foro Siracusano.

Negli anni scorsi, era il 2019, le forze dell’ordine hanno in più occasioni effettuato in quell’area dei blitz, al fine di garantirne una pubblica fruizione sicura e tranquilla. In quel periodo, era Ottobre, le pattuglie delle Volanti controllavano, stazionavano, annotavano ed all’occorrenza intervenivano. Analogo lavoro veniva portato avanti dai Carabinieri e dalla Guardia di Finanza, anche con operazioni antidroga. Una operazione “sicurezza” discreta ma costante, che serviva per riportare sotto i livelli di guardia fenomeni come lo spaccio ed il vandalismo e privare di “linfa” vitale i gruppi criminali del territorio.

Eppure oggi i Villini si presentano in uno stato che definire di degrado è forse troppo poco. La segnalazione dell’avvocato Alessandro Cotzia, nella veste di cittadino e padre, lascia sicuramente l’amaro in bocca. “Sono rimasto allibito- racconta- Un luogo che si trova proprio di fronte al Pantheon è immerso nella spazzatura, le casette per i bambini sono invece rifugi per la notte per persone che le usano come ricoveri di fortuna. Questo è un parco pubblico, si affaccia sull’elegante Via Malta, eppure sono stato costretto ad allontanarmi: troppi sguardi tali da indurmi ad andare via”.




Tentata concussione, assolto l’ex sindaco di Priolo Antonello Rizza

Assolto l’ex sindaco di Priolo, Antonello Rizza. Per il Tribunale di Siracusa il fatto non sussiste. L’ex primo cittadino era accusato di tentata concussione.

E’ un’appendice dell’inchiesta della Procura della Repubblica Gettonopoli, abuso d’ufficio in quel caso l’ambito delle indagini, legate in particolar modo all’aumento del gettone di presenza da 30,99 a 129,11, euro,dal 2003, dei consiglieri comunali.

Nell’ambito di quell’inchiesta furono rinviate a giudizio 17 persone. Subentrò poi la prescrizione.
Il procedimento a carico di Rizza prendeva le mosse da quanto dichiarato dall’allora dirigente generale del Comune, secondo cui Rizza avrebbe operato pressioni perché non intervenisse sul danno erariale ai danni del Comune dopo una lettera dell’assessorato regionale delle Autonomie Locali in cui al dirigente sarebbe stato chiesto di controllare i costi dell’amministrazione ed in particolar modo quelli dei gettoni di presenza dei consiglieri.

L’accusa aveva chiesto una condanna a quattro anni di reclusione per Rizza, difeso dall’avvocato Domenico Mignosa.

“Garantisti 4- colpevolisti 0… Quarta assoluzione ,ì su Quattro diversi processi.ì- il commento dell’ex sindaco di Priolo-  Ringrazio il mio difensore Avvocato Domenico Mignosa, per l’inappuntabile e strepitosa difesa. Ringrazio  i giudici, per l’accurata, approfondita ricerca della verità. Ringrazio la mia famiglia, i miei figli , la mia straordinaria moglie, per aver sopportato per 10 lunghi anni, un fardello così pesante”.




Abbandono dei rifiuti: chi non paga la multa rischia la confisca dell’auto

Contro l’abbandono selvaggio dei rifiuti, il Comune passa alla maniere forti.

Le sanzioni non bastano, visto che in molti non pagano e non cambiano nemmeno atteggiamento. La giunta comunale, retta dal sindaco, Francesco Italia, ha quindi deciso di adottare misure più “convincenti”.
In parole semplici vuol dire che da oggi, chi verrà “beccato” ad abbandonare rifiuti per strada, mettendo a repentaglio la salute dell’ambiente e delle persone, rischia la confisca della propria auto, se ritenuta “cosa usata per commettere l’illecito”. Se, insomma, i rifiuti abbandonati sono stati trasportati a bordo del proprio veicolo, può scattare questo tipo di repressione, nel caso in cui la multa non venga pagata.
L’amministrazione comunale fa leva sulla legge 689 dell’81 ed in particolar modo sugli articoli 16,17 e 18, con cui si attribuisce all’ente la facoltà di ricorrere all’ingiunzione nei confronti dei trasgressori in determinate circostanze.
Gli illeciti legati a questo ambito nel capoluogo sono troppi e “la sanzione pecuniaria amministrativa si rivela spesso inidonea -la giunta lo mette nero su bianco- poiché in tanti non pagano e le procedure esecutive sono spesso lente e dall’esito incerto”.
La traduzione è : diventa inutile perfino multare perché in tanti non pagano e non mostrano alcun segno di inversione di tendenza nei propri comportamenti.
Via, dunque, alle maniere più forti. La Polizia Municipale può adesso sottoporre a sequestro cautelare  “le cose che possono formare oggetto di confisca. I beni confiscati saranno alienati, assegnati o devoluti a soggetti pubblici, secondo le vigenti norme in materia, da parte del competente Ufficio Patrimonio dell’Ente”.




Fogna in mare all’Arenella? L’Asp: “L’acqua non puzza, tutto ok” ma le analisi dicono altro

Sversamenti fognari nelle acque di un tratto di spiaggia all’Arenella?

A rispondere “si” sono gli esiti di  un’analisi affidata dall’associazione Pro Arenella ad un laboratorio privato, dopo la segnalazione partita da un bagnante e girata lo scorso luglio alla Capitaneria di Porto di Siracusa. Dopo un primo sopralluogo, lo sversamento sarebbe stato in effetti constatato. Le analisi di laboratorio hanno poi fatto emergere la presenza, in mare, di batteri coliformi, escherichia coli ed eterococchi intestinali.

Alla segnalazione partita a metà luglio, l’Asp ha risposto alla fine del mese successivo. Una risposta che, tuttavia, l’associazione dei residenti non ha affatto ritenuto soddisfacente. Nella comunicazione dell’Asp , si legge infatti che “in data 9 Agosto il Personale Tecnico del settore Prevenzione, con la Polizia Ambientale, hanno effettuato un sopralluogo tra il Lido Arenella e il Lido Le Nereidi, riscontrando uno sversamento di acque di colore chiaro e inodore, di certo non di origine fognaria”.

Una verifica soltanto visiva, dunque, senza ulteriori approfondimenti.  La questione non è, però, ritenuta chiusa dai residenti, che si basano sui risultati scientifici di esami appositamente commissionati e condotti. Per questo, alla risposta, ritenuta eccessivamente sbrigativa, hanno fatto seguire una nuova richiesta , facendo presente, tra l’altro, che l’aspetto olfattivo non è risultato determinante probabilmente perché lo sversamento è “su calcarenite a contatto con l’argilla, che ne abbatte l’impatto odoroso ma non il carico batterico. Anche la matrice solida- ha spiegato il presidente dell’Associazione Pro Arenella Alessia Munzone nella sua comunicazione- sarà interessata dalla presenza di un numero elevato di batteri fecali”.

Alla richiesta di un sopralluogo congiunto ad oggi non è seguito alcun riscontro. Nel frattempo, lo sversamento prosegue,  la stagione balneare si è conclusa e i bagnanti hanno continuato a frequentare il tratto in questione e quelli circostanti, immergendosi serenamente in quelle acque.

 




“L’inganno”, il nuovo romanzo della scrittrice siracusana Veronica Tomassini

“L’inganno” è il nuovo libro della scrittrice siracusana Veronica Tomassini. Una storia che dalla stretta periferia siciliana si sposta a Milano, sulle tracce di un jazzista francese, di Tolosa esattamente. Un viaggio, un amore. In una cornice di individualismo esasperato, in una giostra di personaggi, di disincanto.
Lo hanno definito un romanzo “mistico, esistenziale”. Uno spazio letterario di speranze perdute, tutte tranne una: l’amore.
La Tomassini affronta ne “L’inganno” un topos con il quale si sono misurati diversi scrittori: il flusso di coscienza, appunto, per fotografare e indagare lo stato delle cose, come direbbe Wenders. Una stanza tutta per sé. Lo scrittore che si interroga, che interroga i suoi libri, che interroga la sua ontologia di scrittore, la sua posizione nel mondo.
Per forza di cose contiene dunque una riflessione sulla scrittura, esplicito riferimento ai propri
libri e alla propria poetica. Nel romanzo si succedono costruzioni ardite, acrobatiche, tipiche
della poesia, rare nella narrativa. Una lettura che vale perlomeno una rivelazione.
Siracusana ma con origini umbre e abruzzesi, Veronica Tomassini ha esordito nel 2010, con Sangue di cane (Laurana), che fu considerato un caso letterario ed è stato oggetto di un’ampia trattazione nel saggio di Stefania Lucamante Righteous Anger in Contemporary Italian Literary and Cinematic Narratives, pubblicato dalla University Press di Toronto nel 2020. Nel 2012 pubblica per Feltrinelli Il polacco Maciej; nel 2014, per Gaffi, Christiane deve morire; nel 2017, per Marsilio, L’altro addio; nel 2019, per Miraggi, Mazzarrona, candidato al Premio Strega.
Nei suoi scritti tornano spesso ambientazioni suburbane, storie intestine e periferiche, vicende di estrema emarginazione, e così, nel 2020, decide di autopubblicare il romanzo epistolare Vodka siberiana, per il quale sceglie una diffusione minima, basata sul contatto personale attraverso Facebook. (Nonostante il costo
di 30 euro, libro vende oltre 1300 copie.) Attualmente scrive per “Il Fatto Quotidiano” e “Pangea News”.




Contributi Agea illegittimi, sequestro da 167 mila euro ad imprenditore agricolo

I Carabinieri Tutela Agroalimentare di Messina hanno eseguito un decreto di sequestro nei confronti di un imprenditore agricolo del siracusano. Sigilli a beni immobili e conti correnti per 167mila euro, nell’ambito delle indagini condotte su un presunto conseguimento illecito di contributi pubblici erogati dall’Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura (Agea).
Il provvedimento di sequestro è stato emesso dal gip del Tribunale di Siracusa. Secondo quanto emerso durante le indagini, sarebbero state presentate domande uniche di pagamento ed istanze di partecipazione al Programma di Sviluppo Rurale della Regione Siciliana, nelle quali l’imprenditore agricolo avrebbe dichiarato di condurre appezzamenti di terreno di cui non aveva alcuna legittima disponibilità: il contratto di acquisto con patto di riservato dominio, stipulato con l’Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare – spiegano gli investigatori – era stato risolto a causa del mancato pagamento delle relative rate di prezzo da parte dell’acquirente.




Pusher a 73 anni: droga in casa, denunciati un anziano e un 19enne

Un giovane di 19 anni ed un anziano di 73. Sono stati denunciati per detenzione ai fini di spaccio di stupefacenti. Ieri pomeriggio, gli agenti della Squadra Mobile li hanno colti in flagranza di reato.
A seguito di indagini di polizia giudiziaria, infatti, i poliziotti hanno effettuato un’attenta perquisizione in casa del settantatreenne, rinvenendo e sequestrando 150 grammi di marijuana, 44 grammi di hashish, materiale utilizzato per il confezionamento dello stupefacente e un bilancino elettronico di precisione. Dagli accertamenti di seguito esperiti è emerso che la sostanza stupefacente, custodita dall’anziano all’interno della propria abitazione, gli era stata consegnata, poco prima, dal giovane.