“Il sequestro del depuratore consortile IAS, di Siracusa, insieme alla crisi generata dalla guerra, rende evidente la debolezza strutturale di un Petrolchimico ormai irriformabile che rischia inesorabilmente di implodere”.
Sono parole del segretario provinciale della Fiom Cgil, Antonio Recano.
“Non voglio entrare nel merito di un provvedimento della magistratura che tende correttamente a tutelare “la salute pubblica” -prosegue il segretario del sindacato dei metalmeccanici – ma non posso ignorare che fermare il conferimento dei reflui, significherebbe fermare tutto il petrolchimico con la
conseguente perdita di migliaia di posti di lavoro. Lasciando quindi lavorare la magistratura, perché la tutela della salute pubblica è una priorità, occorre però trovare soluzioni tecniche che permettano la continuità produttiva del petrochimico nell’ottica di un ambizioso e strategico piano di riconversione attento alla sostenibilità ambientale e sociale”.
Recano chiede “di rimettere in mani pubbliche il futuro di Priolo”. Chiede, per questo, che “il Governo faccia la propria parte e rimetta in mani pubbliche il futuro di Priolo. In questo complesso quadro sociale -prosegue Recano- il rapporto tra lavoro, ambiente, salute e territorio è tema che pone, in tutta la sua drammaticità, a noi tutti una domanda: quale costo sociale, ambientale e umano si è disposti a pagare per lavorare?-la domanda che pone- Sono convinto che realizzare veramente la transizione energetica in un territorio dove si è generato negli anni una profonda frattura tra industria e territorio, può risultare non semplice e dolorosa in termini sociali e ambientali. Un tema di cui il Governo e la politica dovrebbero farsi carico, con la consapevolezza che la vera questione non è gestire gli effetti della crisi con
l’istituzione di un’area di crisi complessa ma occorre sottoscrivere un accordo di programma vero che preveda investimenti e progetti per la riqualificazione e il rilancio sostenibile del petrolchimico”.
Il segretario della Fiom mette in evidenza un aspetto fondamentale del dibattito politico montato in questi mesi intorno alle sorti del Petrolchimico.
“E’ mancato- fa notare- il punto di vista dei lavoratori, il loro disagio, la paura per il loro futuro, in realtà il destino di 10.000 lavoratori e delle loro famiglie è stato sbandierato per qualche giorno a favore dei media e dei talk show per poi ripiombare nell’oblio dell’indifferenza”.
Poi l’esponente del sindacato fa altre considerazioni e lancia precise sollecitazioni.
“Può un territorio con un alto tasso di disoccupazione, come il nostro,
perdere altri posti di lavoro? A Gela dopo la chiusura della raffineria, dei 2500 lavoratori occupati, ne sono rimasti poche centinaia. Con qualche differenza però, perché mentre i lavoratori diretti sono stati accompagnati alla pensione o trasferiti in altri siti Eni, l’indotto è precipitata in una “guerra tra poveri” a contendersi con i lavoratori siracusani, tra degrado e precarietà, il poco lavoro che ancora c’è a Priolo. Una guerra che i lavoratori continuano a
perdere in ogni caso, perché anche nella situazione attuale, mentre da una parte si chiede unità d’azione e responsabilità per salvare il Petrolchimico, LUKOIL ed ENI continuano a polverizzare, con gare al massimo ribasso, in nome del profitto aziende e lavoratori, alzando la tensione sociale e aumentando la distanza dal territorio”.
L’input è chiaro. “Come metalmeccanici-dichiara Recano- pensiamo occorra il coraggio di abbandonare “quell’impronta fossile” che ha caratterizzato per 70 anni la presenza industriale a Siracusa, di pretendere un cambio
di paradigma verso un modello industriale moderno, sostenibile che a partire dalle bonifiche e dalla rinascita di un distretto manifatturiero, crei sviluppo e nuovi posti di lavoro”.
Il tema torna ad essere quello delle bonifiche , ripartendo dalle aree in abbandono, da riconvertire per sviluppare progetti “e utilizzando il know-how acquisito dalle maestranze realizzare un polo metalmeccanico moderno e sostenibile, capace di dare lavoro migliaia di metalmeccanici”. Un progetto che secondo la Fiom può essere attuato se scendono in campo “i sindacati, le forze sociali, le istituzioni e l’intero territorio in un contesto di unità e
condivisione per provare a trasformare la crisi del Petrolchimico in un’opportunità di riscatto per tutto il territorio”.