Autonomia Differenziata, mozione in consiglio comunale per dire “No”

 Autonomia Differenziata, mozione in consiglio comunale per dire “No”

“ Ferma condanna del metodo impiegato dal Governo per la definizione dell’autonomia differenziata”. E’ la posizione che il gruppo consiliare del Pd chiede al consiglio comunale di assumere, come spiegato in una mozione presentata dai consiglieri di opposizione e che sarà sottoposta all’aula il prossimo 17 settembre. L’argomento è ben noto: la legge 86 del 26 giugno ed i suoi contenuti, ritenuti dal Partito Democratico “altamente lesivi dell’unità nazionale e contrastanti con la Prima Parte della Costituzione”. Secondo i consiglieri del Pd, il consiglio comunale, alla stregua di altri analoghi organismi rappresentativi italiani dovrebbe rivolgersi “al Presidente della Repubblica, al Presidente del Consiglio dei Ministri , ai Presidenti di Camera e Senato, al Presidente della Regione Siciliana, ai Gruppi parlamentari di Camera e Senato” facendo presenti i rischi a cui alcune aree del Paese andrebbero incontro. Il gruppo del Pd ricorda come premessa l’articolo 3 della Costituzione, secondo cui “ È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”. I consiglieri di opposizione ricordano, inoltre, “che diverse sentenze della Corte Costituzionale, tra cui la n. 200 del 2009, hanno definito in maniera vincolante il carattere nazionale dell’istruzione di ogni livello che garantisce, con un’offerta formativa omogenea, la sostanziale parità di trattamento tra gli studenti di tutte le regioni”. Mentre, dunque, la campagna per il referendum abrogativo segue la strada tracciata dalle opposizioni parlamentari e da alcuni sindacati e associazioni, in varie Regioni è stata avviata la presentazione di quesiti totalmente o parzialmente abrogativi della legge 86/2024. Il Partito democratico osserva che “la corretta e prioritaria applicazione dei fabbisogni e dei costi standard, ai fini dell’allocazione delle risorse tra territori, non può prescindere dalla definizione puntuale dei “livelli essenziali di prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale””. Il timore resta quello espresso anche in passato e riguarda soprattutto gli ambiti sanità, assistenza, istruzione, trasporti. “L’attuazione degli accordi previsti dalla legge inciderà sulla distribuzione delle risorse nel loro complesso- osserva il gruppo consiliare del Partito Democratico – generando effetti disfunzionali sulla tenuta sociale del Paese in mancanza della definizione dei LEP e di conseguenti meccanismi perequativi. Penalizzata in maniera particolare la Sicilia, che soffre già di carenze così strutturali da comportare un allungamento dei tempi di attesa per l’accesso alle prestazioni sanitarie, ad esempio, tale da rendere di fatto inservibile per molte fasce della popolazione la stessa sanità pubblica”. Sul tema dell’istruzione, il Pd sottoliena che si registrano già “carenze sotto il profilo dell’organico, sotto il profilo edilizio e sotto il profilo delle prestazioni del diritto allo studio, con ulteriore rischio di peggioramento con l’annunciata riforma dell’accesso alla ricerca”. Altri passaggi riguardano il sistema universitario. “L’approvazione della legge porterà-si legge nella mozione- alla disgregazione del sistema nazionale universitario, con il concreto rischio di drenare risorse dagli atenei meno forti a quelli più forti; che l’attribuzione di nuove competenze in materia di lavoro alle Regioni può ingenerare dinamiche di concorrenza al ribasso sotto gli aspetti della sicurezza, dell’orientamento e dell’accesso al mercato del lavoro, con effetti deleteri sulla qualità e quantità dell’occupazione nelle Regioni più in difficoltà”. Al consiglio comunale, quindi, il Partito Democratico chiede di esprimere, come altre assise cittadine ed altre giunte hanno già fatto, contrarietà all’approvazione della legge, “comprendendo il pericolo che comporterà nei singoli Comuni e per le regione più povere”.

 

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