Caos energia e transizione ecologica: “La nostra zona industriale può ancora essere centrale”
Le raffinerie che operano nella zona industriale siracusana hanno preparato la loro risposta alla sollecitata transizione energetica. Ed è una risposta che passa dalla progettazione di nuovi impianti che possano catturare co2, oppure produrre biocarburanti da idrogeno e, più in generale, nuovi fuel a basso impatto ambientale. Basterà per superare indenni la sfida del cambiamento?
Le perplessità, sul tema, sono molteplici. E partono proprio dal management dei grandi gruppi presenti nel polo petrolchimico siracusano. “La raffinazione si sente un settore demonizzato dalla politica industriale italiana. Eppure oggi è fondamentale, fornisce energia a tutto il Paese. La sensazione, però, è che nessuno voglia che partecipi al processo di conversione, pur avendone la capacità e la volontà”, dice Diego Bivona, presidente di Confindustria Siracusa. “Le aziende hanno progettato il percorso di decarbonizzazione e il governo deve permettere un cammino mirato a ridurre le emissioni di co2. L’errore più grande che si possa commettere – dice Bivona – è prendere decisioni senza capire se ci sono o meno le condizioni per realizzarle”.
Ad esempio, produrre biocarburanti se poi nel 2035 si metteranno al bando i motori a scoppio rischia di equivalere ad imboccare un vicolo cieco. Lo stesso puntare ad una conversione rapida verso nuove produzioni per le quali, oggi, non c’è mercato.
La conversione energetica, vista dagli industriali, è una scommessa. Una scommessa peraltro molto costosa. “Servono fondi e per la raffinazione ce ne sono davvero pochi. Il governo si assuma la responsabilità di guidare il cambiamento”, aggiunge Bivona che ricorda il know how di operai e aziende siracusane maturato in 60 anni di industrializzazione. “Sono tutte risorse del Paese e invece sembrano quasi un problema”, commenta amaro.
“Ma il costo della transizione energetica non lo pagheranno mica solo le aziende. La transizione toccherà le tasche di tutti. E’ un processo che cambierà le abitudini di vita. Pensate, ad esempio, se dovremo tutti sostituire le nostre auto con quelle elettriche oggi disponibili. E pensate alle prestazioni che offrono: autonomia, velocità, costo. E poi alla disponibilità ridotta di colonnine. E ancora, come la si produce l’energia per ricaricarle? Con il fotovoltaico? Ma se qui assistiamo a polemiche infinite davanti alla proposta di realizzazione di impianti di questo tipo ed i territori non li vogliono?”, analizza Diego Bivona con riferimento, in questo ultimo passaggio, al progetto della Lindo srl.
“Sta cambiando tutto. La nostra zona industriale può ancora essere centrale in questo caos dell’energia. La nostra provincia – ribadisce Bivona – è incentrata economicamente sulla produzione di energia. Ma di fronte a questo bivio non abbiamo più la possibilità di subire scelte non scelte”. Ancora una volta, ecco la chiamata alla responsabilità rivolta alla politica che tende a muoversi sul filo di un delicato equilibrio. “La disponibilità delle imprese c’è, sono pronte al cambiamento ed alla conversione. Il che vuol dire passare alle fonti alternative attraverso un processo di riduzione graduale nel tempo, abbandonando il petrolio. Le industrie siracusane hanno progettato questo percorso, ma deve essere guidato dal governo e deve permettere un cammino mirato a ridurre le emissioni di co2”.
Al di là della diplomazia di Diego Bivona, intervenuto nei giorni scorsi su FMITALIA, l’umore non è sereno tra gli industriali siracusani. “Il mondo ambientalista sta già chiedendo di anticipare al 2030 la messa la bando dei motori a scoppio. Non avremo tempo di adattarci e riconvertire, anche volendo. La raffinazione deve sparire, hanno deciso al governo. La transizione? Sarà macelleria sociale…”, profetizzano da uno dei management più in vista nel quadrilatero industriale Siracusa-Augusta-Priolo-Melilli.