I domiciliari non sono stati ritenuti misura cautelare idonea e pertanto un noto ristoratore siracusano è stato condotto in carcere a Cavadonna. Ad eseguire la misura, disposta dalla Procura, è stata la Guardia di Finanza aretusea. All’imprenditore viene contestato di essere, anche grazie alla collaborazione di professionisti compiacenti, “il dominus di un sistema criminoso che ha portato al fallimento pilotato di decine di società allo scopo di sottrarsi al pagamento delle imposte per oltre 15 milioni di euro”.
Nelle indagini condotte anche dopo che l’uomo è stato posto ai domiciliari, è emerso che il ristoratore – nonostante il divieto di avere rapporti con i dipendenti delle società ancora in vita e per le quali è stata avanzata proposta di concordato – avrebbe continuato ad incontrare alcuni di questi e ad impartire loro disposizioni lavorative.
I militari del Gruppo della Guardia di Finanza di Siracusa, grazie ad una serie di minuziose analisi dei bilanci, perquisizioni, pedinamenti ed altre attività tecniche hanno ricostruito nel dettaglio l’intero sistema evasivo che avrebbe portato al dissesto societario delle imprese coinvolte, a causa della forte esposizione debitoria “non dipendente – spiegano gli investigatori – da una situazione contingente legata ad esigenze di liquidità sopravvenute, bensì da un modello imprenditoriale che ha escluso dalla gestione, sin dall’origine, il pagamento di tasse, imposte e contributi”.
Lo schema ricostruito dalle Fiamme Gialle sarebbe sempre lo stesso: si cambia il nome della società, ma non anche il luogo d’esercizio, la tipologia di attività esercitata ed il personale. Nella circostanza, per proteggersi da possibili aggressioni patrimoniali, “la rappresentanza legale delle società è stata fittiziamente attribuita ad un soggetto di nazionalità straniera privo di qualsivoglia esperienza nel settore della ristorazione”. La cosiddetta “testa di legno” si occupava, ad esempio, delle pulizie di tutti i locali di proprietà dell’imprenditore arrestato. Il Tribunale di Siracusa, condividendo il quadro accusatorio come emerso dalle indagini e come prospettato dalla Guardia di Finanza, ha emesso un primo decreto di sequestro preventivo di circa 3.000.000 euro nei confronti dell’indagato.