Oltre dieci imprese con sede a Siracusa, Messina ed a Malta avrebbero beneficiato di contributi a fondo perduto, stanziati durante la pandemia, senza averne diritto. Intestate a mere “teste di legno” e prive di reale operatività, gravitavano attorno ad un unico “faccendiere” siracusano, in particolare nel settore delle sponsorizzazioni delle corse automobilistiche, costituite con il principale scopo di schermare le operazioni commerciali fittizie.
Eseguite 10 misure cautelari di cui una in carcere, due ai domiciliari e sette misure interdittive nei confronti dei promotori e sodali dell’associazione criminale, fra i quali i rappresentanti di fatto e di diritto delle società coinvolte e 4 professionisti in campo tributario e legale. Disposto anche il sequestro preventivo di 1,8 milioni di euro, ritenuto il profitto dei reati di indebita percezione di erogazioni pubbliche, impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illegale e autoriciclaggio.
Le indagini della Guardia di Finanza hanno indicato la costituzione di un’associazione a delinquere che, grazie a dichiarazioni reddituali ed Iva attestanti dati non veritieri, aveva illecitamente beneficiato di ingenti misure economiche a fondo perduto a sostegno delle imprese realmente in difficoltà. Dall’analisi dei flussi finanziari dei conti correnti comparati alle dichiarazioni dei redditi delle persone e delle società coinvolte, è emerso – spiegano i finanzieri- un modus operandi tanto semplice quanto efficace; decuplicando i fatturati del 2019 rispetto a quelli realmente conseguiti da parte delle società coinvolte, mediante la rettifica delle dichiarazioni dei redditi già presentate, è stato possibile giustificare un drastico calo dei ricavi conseguiti nel successivo periodo pandemico 2020-2021, inducendo in errore l’ente pagatore.
Quanto indebitamente percepito dall’organizzazione criminale veniva immediatamente “messo al sicuro” e trasferito su conti correnti detenuti nello Stato di Malta intestati ai componenti dell’organizzazione criminale. Le movimentazioni di denaro tra le società coinvolte e il trasferimento all’estero venivano giustificate con l’emissione di fatture per operazioni inesistenti, relative a sponsorizzazioni mai rese, in modo da rendere estremamente difficoltosa l’individuazione della provenienza delittuosa delle somme illecitamente accumulate.