Duro l’affondo del vicesindaco e componente della direzione provinciale del Pd Francesco Italia nei confronti del segretario provinciale, Alessio Lo Giudice. Non si smorzano i toni di un dibattito che rende chiaro il fallimento del tentativo di ricucitura degli strappi sempre più profondi all’interno della forza politica. Italia replica alle accuse mosse da Lo Giudice, in primo luogo contro il sindaco, Giancarlo Garozzo e chi lo sostiene, nel partito e nella sua maggioranza a palazzo Vermexio. “Sarebbe troppo facile-premette Italia- buttarsi nella mischia provando a spararla più grossa, come oggi fa il segretario provinciale del Pd dalle pagine dei quotidiani. Quando Giancarlo Garozzo mi ha chiesto di far parte della direzione provinciale del partito non ho avuto dubbi. Dare il proprio contributo, non solo nell’amministrazione attiva ma anche all’interno di un gruppo politico che individui scenari e soluzioni ai problemi, è un’aspirazione legittima di chiunque desideri concorrere al bene comune. È qualcosa che ho sempre cercato di fare senza mai far parte di un partito-ricorda il vicesindaco- nel mondo del volontariato prima, nelle battaglie condotte per i diritti civili a Milano poi, confrontandomi a viso aperto con persone che rispondevano al nome di Salvini, La Russa, Taormina.Partecipando alla mia prima direzione provinciale del Pd, mi sono rivolto con una battuta ad un amico dicendo: “pensi mi faranno l’esame del sangue?”Oggi, fuori dal l’ironia, mi rendo conto che la mia idea di partito, forse anche quella di Politica (scritto con la “p” maiuscola come piace a me), è molto diversa”. Italia rimprovera a Lo Giudice di “agitare un’ipocrita bandiera di sinistra e lanciare strali agli infedeli. Il segretario dovrebbe piuttosto interrogarsi sul ruolo del partito e su come questo abbia contribuito in questi anni a costruire il “patto con la città” che oggi invoca, con azioni concrete. Non nelle riunioni di amici a discutere di massimi sistemi, ma per le strade della città, a contatto con i cittadini”. Poi Italia prosegue ponendosi una serie di domande. “E’ lecito -dice- chiedersi dov’erano il segretario ed i suoi danti causa quando questa amministrazione sfilava in corteo per il primo gay pride della storia di Siracusa, ripetuto due anni dopo alla presenza della senatrice Cirinnà; dov’erano quando si riaprivano e restituivano alla fruizione spazi culturali chiusi da decenni inaugurando un sistema nuovo ed efficiente di gestione del patrimonio; quando parlavamo di mobilità sostenibile o di educazione alimentare; quando si parlava di Vittorini al monumento ai caduti; quando si realizzava la casa dei cittadini a Mazzarrona; quando ci si batteva per entrare nei tavoli delle AIA per affrontare seriamente il tema della qualità dell’aria; durante i workshop per Rebuilding the Future lungo la pista ciclabile; quando l’anno scorso si è parlato con i maggiori esperti internazionali di beni culturali all’Isisc; durante la settimana dedicata ad Archimede con le scuole; nelle giornate dei bambini al museo, alla Mazzarrona o alla Graziella con la biblioteca comunale; quando abbiamo inaugurato Officina Giovani; lanciando la street art nelle vie cittadine; durante il cinema in piazza Santa Lucia e gli altri eventi gratuiti in città; quando siamo entrati nelle scuole a parlare di violenza di genere, di sicurezza stradale, di legalità e sostenibilità; quando parlavamo di autismo e disabilità; durante le ultime due settimane in cui i maggiori esperti del design e della creatività italiana si riuniscono e tengono lezioni aperte all’antico mercato di Ortigia, tornato a risplendere, non per il pubblico dei soliti noti, ma per centinaia di giovani provenienti da tutta Italia e dalla nostra provincia che hanno invaso la nostra città per ripensarla, collaborare, esprimersi e partecipare”. Domande a cui fornisce la sua risposta, che è anche un’accusa ben chiara. “Eravate in riunione-dice Italia- seduti in qualche bar cittadino o nella sede del partito a contare tessere della corrente che, purtroppo, lei non ha smesso un solo istante di rappresentare, o a decidere a tavolino i nomi dei futuri candidati alle elezioni”.