Nuovo ospedale di Siracusa, Musumeci: “il 2019 deve essere anno della svolta”

È stata consegnata stamani nelle mani del sindaco di Siracusa, Francesco Italia, la relazione tecnica relativa alla costruzione del nuovo ospedale del capoluogo aretuseo.
Il documento, redatto dal prof. Giuseppe Pellitteri per conto dell’Asp di Siracusa e su mandato della Regione Siciliana, traccia le ipotesi delle aree da adibire a cantiere per consentire la realizzazione del nuovo nosocomio.
È stato lo stesso presidente della Regione Siciliana, Nello Musumeci, a formalizzare la consegna del documento, mentre l’assessore regionale alla Salute, Ruggero Razza – con il DG dell’Asp di Siracusa, Salvatore Lucio Ficarra – ha illustrato al sindaco le parti salienti della relazione tecnica.
“Dobbiamo dare ai siracusani, che attendono da tanto, troppo tempo, la dignità di un ospedale moderno e funzionale: un’opera che è una priorità del governo. Ho invitato il sindaco Italia a vigilare, ma fare presto, affinché il 2019 diventi davvero l’anno della svolta”, ha detto il presidente della Regione Siciliana, Nello Musumeci.
Dopo la consegna formale del documento, l’iter burocratico adesso prevede l’immediata trasmissione dell’atto, da parte del sindaco, al presidente del Consiglio comunale di Siracusa, Moena Scala.
Durante l’incontro, avvenuto nella sede del Palazzo della Regione a Catania, Razza ha anche confermato gli interventi di riqualificazione del Pronto soccorso dell’ospedale Umberto I, i cui lavori sono stati già aggiudicati dall’Asp di Siracusa.




Siracusa, “boom” nella ristorazione: +72% in 8 anni. Chef Guarneri: “troppo, siamo saturi”

Quale settore richiama più investimenti a Siracusa? Nel periodo 2011-2019 è stata registrata una vertiginosa crescita di imprese, aziende e società di ristorazione: +72%. E’ il maggior dato nazionale, un autentico boom che “stacca” anche l’elevata media regionale: +50% (2.847 imprese in più). Non a caso alle spalle di Siracusa ci sono ancora province siciliane: Catania, Palermo e Trapani, tutte oltre la soglia del 50% di crescita negli otto anni. I dati sono stati forniti su studio UnionCamere. Ed agli occhi di un esperto come Giovanni Guarneri appaiono nella loro allarmante portata. “E’ un dato negativo. Il settore della ristorazione è diventato una sorta di ammortizzatore sociale. Chi, ad un certo punto della vita, non sa cosa fare apre la pizzeria o il ristorante. Il risultato è un livellamento verso il basso che penalizza la qualità dell’offerta siracusana. E purtroppo viene a mancare anche la stabilità nel settore. Si apre facilmente ed ancor più facilmente si chiude. La vitalità delle aziende sarebbe un dato molto più interessante”, spiega il noto chef siracusano, riferimento per la qualità.
“Prima c’era il numero contingentato oppure si rilevavano società già aperte. C’erano esami scrupolosi in Camera di Commercio. Adesso più nulla. Ci vuole mestiere, sennò si perde solo la qualità. Un ristornante ogni porta in Ortigia è francamente troppo. Tolti i tre, quattro mesi di boom turistico molte di queste attività non arrivano a coprire il budget annuale”, insiste un appassionato Guarneri. “Le aziende devono essere messere in grado di funzionare. Servirebbero dei paletti per tutelare il settore. Ad esempio: chi apre deve prevedere nel locale una stanza per rifiuti, così iniziamo a cambiare rotta. Abbiamo tolto i cassonetti grandi per riempire la città di cassonetti piccoli. E poi servirebbero vincoli relativi agli impianti: portata d’acqua è supportata per tutti? Reti fognarie?”, le proposte di Giovanni Guarneri.
“Una cosa voglio chiarirla. Chi apre una nuova attività, va rispettato. Investe e va rispettato. Ma proprio per rispettarci tutti di più come settore, e nell’interesse dell’economia cittadina, credo proprio che qualche regola in più non guasterebbe. Siamo saturi, è sotto gli occhi di tutti”.




Siracusa. Rifiuti, bonifiche straordinarie ogni 48 ore: qualcosa non va nel contrasto

Due bonifiche straordinarie in 48 ore appena ma in viale Santa Panagia, all’incrocio con via Marzamemi, continuano ad essere in vantaggio gli incivili. Non solo residenti della zona ma – è quasi una certezza – decine di insospettabili che arrivano da altre parti della città, uomini e donne, giovani e anziani, lì per buttare con nonchalance i sacchetti di spazzatura in strada.
“E dove dovrei buttarla? Hanno tolto i cassonetti e non hanno messo quelli nuovi…”, urla a distanza una signora rimbrottata per avere lasciato lì per terra il suo sacchetto. Una frase che ben racconta anche di un altro aspetto del problema: la poca formazione ed informazione prima, dopo e durante l’avvio del porta a porta nei vari quartieri cittadini. Insomma, c’è chi non sa cosa accade nella sua città. Può sembrare strano in epoca di 4.0 ma è così.
Ciò non toglie che suonano spropositate due bonifiche straordinarie in 48. Soldi pubblici in più spesi dalla collettività e che finiscono per pesare sulla bolletta di ognuno.
Le multe non spaventano, le telecamere non dissuadono. L’esempio di via Bulgaria vale più di mille parole: telecamera a vista, avviso sulla campana del vetro superstite su strada e tutto attorno i sacchetti di spazzatura lasciati comunque da decine di siracusani. Urge riportare ordine. Da Ortigia a Santa Panagia, passando per Tiche e Borgata: se l’unica misura veramente efficiente è la bonifica c’è qualcosa nel contrasto che non quadra.




Siracusa. Lo studio: si, c’è un miqweh sotto la chiesa di San Filippo Apostolo

Sotto la chiesa di San Filippo Apostolo, alla Giudecca, c’è un miqweh. Dopo anni di controverse e non sempre condivise opinioni, fanno chiarezza gli studi di Yonatan Adler, docente di archeologia della Ariel University di Gerusalemme insieme alla dottoressa Nadia Zeldes della Ben Gurion university del Negev. “L’iscrizione ebraica ritrovata e il tipo di struttura ci portano alla conclusione che quel luogo è un miqweh”.
Nadia Zeldes ha studiato il contesto storico e le fonti che esistono ed è possibile “spiegare l’esistenza di un nucleo di ebrei a Siracusa: poteva essere una struttura ebraica e la chiesa è stata costruita successivamente dopo l’espulsione degli ebrei. Alcuni si domandano perché c’è bisogno di un altro miqweh: io ritengo non funzionassero insieme ma in periodi diversi. Secondo l’analisi questo miqweh non è realmente finito, non è completa la struttura. Per qualche ragione si sono fermati ed una delle spiegazioni può essere l’espulsione degli ebrei: furono cacciati dalla Spagna nel 1391 e buona parte di essi emigrarono in Sicilia e tra le città dove vi fu una colonia c’era certamente Siracusa. Nel 1492 gli ebrei furono costretti a lasciare l’isola, per cui è presumibilmente che in questo arco temporale possa essere stato edificato il miqweh che però forse non fu portato a termine”.
Adler ha ricordato i suoi studi, anche quelli rabbini, e quelli relativi ai miqweh: “In Israele ne conosciamo circa mille e alcuni risalgono al medioevo. La struttura che si trova sotto la chiesa di san Filippo apostolo sembra un miqweh medievale: la recente scoperta di una iscrizione in lingua ebraica è una prova importante nella ricostruzione della storia del miqweh”. Adler è arrivato la prima volta a Siracusa nel febbraio 2018: “Volevo vedere tutte le strutture considerate miqweh da parte di altri. Lo studioso del XVIII sec, Giuseppe Capodieci, identifica tre miqweh a Siracusa: quelli di Casa bianca sono stati identificati recentemente, quelli di san Filippo hanno una ubicazione certa. Sul terzo ci sono dubbi. Sono venuto a Siracusa per studiare queste strutture e capire quali siano bagni ebraici. Mi ha molto colpito questa iscrizione in ebraico che si trova sulla parete vicino alla scala e mi ha colpito che questa struttura somiglia a quelle che abbiamo in tutta Europa. Prima non avevano prove che potessero suffragare le teorie del Capodieci. Adesso abbiamo una prova archeologica chiara e in sito che fa un collegamento fra la struttura e la comunità ebraica”.
“L’ipotesi scientifica sarà presentata nel corso di una conferenza promossa dall’Istituto superiore di Scienze Religiose San Metodio e patrocinata dal Comune di Siracusa”, ha spiegato don Salvatore Spataro, direttore dell’Istituto. Secondo il prof. Salvatore Sparatore, docente di Storia della Chiesa, si tratta di “un contributo culturale fondamentale per la nostra città. Adler è un archeologo che ha dedicato gran parte dei suoi studi ai miqweh che insistono in varie nazioni europee e ci consegna un’ipotesi storico archeologica”.




Siracusa. Tullio Solenghi su FMITALIA: “teatro greco, un luogo che ti fa c*gare sotto…”

Disponibile, divertente, autentico. Si presenta così Tullio Solenghi che a Siracusa sta preparando il debutto di Lisistrata, la terza produzione della Fondazione Inda al debutto il 28 giugno. Al teatro greco (“luogo che ti fa c#gare sotto”) firma la regia di Lisistrata, commedia di Aristofane. Solenghi si è ritagliato anche una parte in scena convincendo il suo amico Massimo Lopez che apparirà (“in abiti femminili e con i suoi baffi”) per un cameo strappa-risate. Grande ritmo, cast ricco, trovate e battute in più dialetti: promette bene la Lisistrata di Tullio Solenghi.
Clicca qui per riascoltare la divertente ospitata di Tullio Solenghi su FMITALIA.




Finanziato, costruito e ancora chiuso: chi fa che cosa per il tensostatico di Cassibile?

Rimane ancora chiuso il tensostatico polivalente di Cassibile. Struttura ormai completa e moderna, mai aperta alla pratica sportiva. Ad onor del vero, risulta complesso comprendere se l’opera sia stata “consegnata” o “collaudata”. Ma a vista risulta completa. Ed è un vero peccato assistere ad un lento ammaloramento che potrebbe diventare inesorabile, nell’indifferenza generale. E dire che la carenza di impianti sportivi pubblici è considerato uno dei problemi della provincia siracusana.
Realizzato con un finanziamento del Ministero degli Interni datato 2011, progetto “Io gioco Leale”, il tensostatico avrebbe dovuto incentivare, attraverso la pratica sportiva, il senso di comunità, socializzazione e rispetto delle regole nei più giovani. Questo il motivo per cui il progetto redatto dal Comune di Siracusa venne approvato e finanziato, seguendo il bando del Ministero che prevedeva anche la realizzazione di un campo polivalente coperto per la pratica di sport diffusi come calcio a 5, pallacanestro, pallavolo. A maggio 2012 il Comune pubblica il verbale di validazione del progetto. E tra gli impegni assume anche quello di sostenere i costi di manutenzione e gestione per almeno i 5 anni successivi alla conclusione del progetto, con una somma pari a 15mila euro all’anno. Di questi, 13mila dovevano servire per la manutenzione e gestione e 2mila per le attività.
In effetti, con i 443.000 arrivati da Roma, la struttura è stata messa in piedi. Ma mai aperta. Sta lì, all’interno del campo comunale di Cassibile. Praticamente ultimata ma ancora chiusa. E se qualcosa manca per essere burocraticamente definita “ultimata”, pare davvero una inezia di cui qualcuno si sarebbe potuto anche occupare negli ultimi anni.
Intanto il parquet inizia a presentare rigonfiamenti irregolari, probabilmente dovuti al caldo; a terra rimangono le attrezzature come porte di calcio a 5, reti, canestri.




“A Siracusa il lato oscuro della magistratura”, lo sfogo del Sostituto Bisogni

“A Siracusa pensavo di poter fare la differenza. Entrando in magistratura ero convinto che avrei fatto parte di un’organizzazione composta da persone votate al sacrificio e dedite al dovere”. Il sostituto della Dda di Catania, Marco Bisogni affida al sito UniCost dichiarazioni forti, importanti, relative al periodo siracusano e non soltanto. Il Pm, a lungo impegnato in Procura, a Siracusa, è stato tra quanti hanno subito una serie di ripercussioni per contrastare quello che è poi emerso come Sistema Siracusa, con gli avvocati Giuseppe Calafiore, Pietro Amara e tutti coloro i quali sono rientrati, in un modo o nell’altro, nell’inchiesta, che si è poi allargata ben oltre i confini di Siracusa. “Ho dovuto condividere l’ufficio con il lato oscuro della magistratura- racconta-e  non ho voluto andar via fino a quando non sono riuscito a completare- bene o male- tutto il mio lavoro”. Parla di una vicenda personale, per la prima volta, e ne spiega anche la ragione.
“Abbiamo cercato di condurre e portare a termine indagini e processi contro alcuni colletti bianchi legati proprio al lato oscuro della magistratura-prosegue il magistrato-  e, per questo, abbiamo sopportato per anni  esposti che trovavano sponda in magistrati – che ora si può dire – avevano piegato la loro funzione anche ad interessi diversi, campagne stampa denigratorie pagate dagli imputati eccellenti con amicizie importanti nella politica e nella magistratura, azioni di responsabilità civile per milioni di euro coltivate e portate avanti anche grazie al mercimonio di atti giudiziari da parte di colleghi disonesti, un abuso d’ufficio commesso dal capo della Procura nella quale prestavo lavoro, la difesa da esposti disciplinari pretestuosi e costruiti a tavolino”. Bisogni racconta anche la parte bella, pulita, trasparente della sua esperienza. “Ho incontrato altri magistrati -prosegue il magistrato– quasi tutti giovani e incoscienti – che si sono fatti, anche loro, carico del fardello e oggi abbiamo sotto gli occhi di tutti voi, l’enorme scandalo di questi mesi. Mentre tutto questo accadeva, mentre giovani magistrati di provincia provavano a riaffermare la legalità negli uffici il nostro autogoverno-dice ancora-  ha scelto e ha scelto male e ha mandato nell’ufficio un Procuratore poi condannato per abuso d’ufficio, un Procuratore Aggiunto ora imputato per lo stesso reato ed un nuovo Procuratore traferito per incompatibilità ambientale.Vi abbiamo delegato l’autogoverno e la nostra rappresentanza nella speranza che i candidati, poi eletti consiglieri ne facessero buon uso.
Non è accaduto”.

Questo il suo intervento integrale:

“Sono dovuto restare otto anni nella prima sede perché lavorando e quasi per caso (come avviene spesso nel nostro lavoro) ho progressivamente capito che la magistratura, quando perde la sua carica ideale e smarrisce il desiderio di rendere Giustizia, diviene un potere come gli altri, permeabile alla lusinghe esterne che arrivano attratte dalla possibilità di sfruttare l’enorme potere che abbiamo sulle persone e sulle cose. Ho dovuto condividere l’ufficio con il lato oscuro della magistratura e non ho voluto andar via fino a quando non sono riuscito a completare – bene o male – tutto il mio lavoro.
Mi scuso se parlo di una vicenda personale, non l’ho mai fatto e non è il mio stile, ma oggi credo che sia giusto fare un piccolo accenno a questa storia proprio qui e proprio a voi.
Abbiamo cercato di condurre e portare a termine indagini e processi contro alcuni colletti bianchi legati proprio al lato oscuro della magistratura e, per questo, abbiamo sopportato per anni:
• esposti che trovavano sponda in magistrati – che ora si può dire – avevano piegato la loro funzione anche ad interessi diversi;
• campagne stampa denigratorie pagate dagli imputati eccellenti con amicizie importanti nella politica e nella magistratura;
• azioni di responsabilità civile per milioni di euro coltivate e portate avanti anche grazie al mercimonio di atti giudiziari da parte di colleghi disonesti;
• un abuso d’ufficio commesso dal capo della Procura nella quale prestavo lavoro;
• la difesa da esposti disciplinari pretestuosi e costruiti a tavolino.
Ho però incontrato altri magistrati – quasi tutti giovani e incoscienti – che si sono fatti, anche loro, carico del fardello e oggi abbiamo sotto gli occhi di tutti voi, l’enorme scandalo di questi mesi.
Mentre tutto questo accadeva, mentre giovani magistrati di provincia provavano a riaffermare la legalità negli uffici il nostro autogoverno ha scelto e ha scelto male e ha mandato nell’ufficio un Procuratore poi condannato per abuso d’ufficio, un Procuratore Aggiunto ora imputato per lo stesso reato ed un nuovo Procuratore traferito per incompatibilità ambientale.
Vi abbiamo delegato l’autogoverno e la nostra rappresentanza nella speranza che i candidati, poi eletti consiglieri ne facessero buon uso.
Non è accaduto.
Negli anni abbiamo visto anche qui il progressivo stravolgimento dell’ordine delle cose:
– ho visto carriere politiche interne alla corrente nascere dal nulla a cavallo tra l’ANM ed il CSM; carriere, a volte, sganciate da una reale credibilità professionale negli uffici, testimoniata con il lavoro quotidiano, ovvero dal parametro che dovrebbe essere il più importante per la selezione dei nostri rappresentanti;
– ho visto nomine di direttivi e semi-direttivi contraddittorie, se non immotivate, e di origine clientelare evidente (colleghi provenienti da lunghissimi fuori ruolo proiettati a dirigere sezioni di grandi Tribunali, colleghi con lunghi trascorsi in politica preferiti nella direzione dei Tribunali, con motivazioni risibili, a magistrati da sempre impegnati negli uffici), nomine – che so bene essere state possibili grazie ad una pessima scrittura delle circolari del Consiglio in tema di selezione, nomina e valutazione dei semi-direttivi e direttivi; Circolari troppo spesso rivendicate a vanto da parte di questo gruppo;
– ho visto in occasione di ogni competizione elettorale il rincorrersi di tatticismi associativi e politici con la rinuncia a competizioni elettorali effettive per il nostro Autogoverno;
– ho visto selezionare i candidati di UNICOST al CSM eludendo le regole che noi stessi ci siamo dati (abbiamo stabilito che un giudice cambiasse funzioni anche nella prospettiva di essere eletto come PM, abbiamo deciso – con un’interpretazione formalista del nostro statuto – che non vi fosse incompatibilità tra i membri del comitato direttivo della SSM e la candidatura al CSM);
– ho visto la corrente silente e immobile mentre la magistratura subiva quotidianamente la divisione in caste (rievocando momenti e fasi storiche che ritenevamo superate): quella dei dirigenti, dei fuori ruolo, dei consiglieri e degli ex consiglieri e quella dei magistrati chiusi negli uffici a spalare fascicoli e ho visto, progressivamente, prendere piede nei colleghi piegati sui fascicoli speranza e timore. La speranza di potere ascendere alla casta superiore e il timore di non riuscire a farlo;
– ho visto, così, in modo irresistibile, anche la stragrande maggioranza dei magistrati adagiarsi e adattarsi a questo stato di cose cercando di cavalcare l’onda della degenerazione correntizia per perseguire proprie ambizioni personali.
Tutto questo ci ha portato al punto in cui siamo e quello che avviene in questi giorni non accade per caso: perdonatemi – lo dico con sincero dolore e rabbia – siamo la corrente che ha scelto di evocare nel suo nome la Costituzione, ma non siamo stati in grado di pretendere il rispetto del codice etico dagli associati e dai nostri rappresentanti che dovrebbero essere i migliori di noi, quelli con i quali i magistrati identificano Unità per la Costituzione.
Mi piacerebbe, però, che questo fosse anche un momento per ricostruire e ripartire.
Mi sono accostato ad Unità per la Costituzione perché mi riconosco nell’idea di un magistrato privo di pregiudizi politici, rispettoso delle idee altrui e felice di avere come unica protezione della sua azione la forza della Costituzione e della sua professionalità
Vi confesso, però, che quando un collega, subito dopo le prime notizie, mi ha detto “non voglio più sentire il nome di Unità per la Costituzione”, non ho trovato nell’immediatezza alcuna argomentazione per replicare in modo convinto e credibile.
Se sono qui oggi con voi e insieme a voi è perché, invece, gli argomenti li voglio trovare.
Li voglio trovare perché sono fortemente convinto che il fallimento definitivo dell’associazionismo giudiziario e dei gruppi associativi – unico antidoto che salvaguarda l’ANM dall’infiltrazione di lobby e centri di interesse – costituirebbe il fallimento della magistratura nella quale sognavo di entrare da liceale e nella quale voglio continuare a lavorare.
Un fallimento che sarà l’anticamera di una magistratura burocratizzata esposta all’influenza della politica e pertanto assoggettata al consenso popolare.
Li voglio trovare perché la magistratura – soprattutto quella più giovane – è portatrice di una straordinaria carica ideale che funziona come carburante di un corpo professionale che sta dimostrando con orgoglio in ogni sede di avere gli anticorpi necessari per fare pulizia al suo interno.
Gli argomenti e le proposte che dobbiamo trovare richiedono, però, rigore, coraggio e determinazione, la stessa che si deve, a volte, mettere nel nostro lavoro quando si lavora per mesi ad un’indagine difficile con la consapevolezza che, se le cose possono andare male, sappiamo comunque di aver fatto il nostro dovere.
E allora rendiamo utile a noi stessi e all’intera magistratura italiana questo momento drammatico per rimettere al centro dell’azione associativa i nostri valori e non le nostre ambizioni e facciamolo senza guardare quello che avviene nelle altre correnti, per una volta, senza calcoli elettorali.
Quanto è stato fatto in questi terribili giorni dall’attuale gruppo dirigente va nella direzione giusta: riconoscere i clamorosi errori commessi e subire le conseguenze politiche di quanto accaduto è, però, solo l’inizio del percorso.
Dobbiamo avere la forza ora di cambiare veramente:
– i nostri Consiglieri siano magistrati al servizio degli altri magistrati che – all’onore di sedere negli scranni del CSM – affianchino maggiori oneri. Chiediamo ai nostri candidati l’impegno a non presentare domanda per incarichi direttivi o semi-direttivi per la consiliatura successiva a quella nella quale hanno operato;
– al CSM e sulle questioni che non sono di principio – come il conferimento degli uffici direttivi o semi-direttivi – le decisioni dei nostri consiglieri non siano il frutto di una scelta di gruppo, ma dei singoli sulla base delle diverse sensibilità individuali;
– nelle more della necessaria modifica alla possiamo legge elettorale del CSM, dobbiamo allentare la nostra presa sulle candidature e sulle liste accettando più candidati e più rappresentanti dai territori;
– l’ANM nazionale non può essere l’anticamera del CSM. Non siamo stati in grado di gestire il passaggio dal ruolo associativo a quello istituzionale. Prevediamo incompatibilità effettive tra i nostri rappresentanti all’ANM e quelli al CSM;
– rendiamoci primi promotori di una riscrittura delle circolari sulla dirigenza e riduciamo la distanza tra alta e bassa magistratura. I dirigenti devono essere valutati secondo i risultati che hanno effettivamente conseguito valorizzando anche le valutazioni dei colleghi d’ufficio con criteri obiettivi e verificabili. La dirigenza non può essere uno status onorifico permanente ma, tra un incarico e l’altro, ci deve essere un congruo periodo di giurisdizione ordinaria.
Solo se metteremo – conclude il dottor Bisogni – tutti veramente testa e cuore in queste battaglie avremo ancora i colleghi al nostro fianco e restituiremo senso alle cose terribili di questi giorni. Rita Levi Montalcini ha detto ”non temete i momenti difficili, il meglio viene li”.




Avola. L’omicidio di Andrea Pace: fermati i fratelli Caruso

Fernati con l’accusa di omicidio in concorso e porto abusivo di armi nei confronti i fratelli Salvatore e Corrado Caruso, 25 e 22 anni,di Avola. La Procura e i carabinieri li ritengono  i responsabili del delitto di Andrea Pace, il 25enne di Avola ucciso mercoledì scorso con 5 colpi di pistola davanti all’ingresso della sua abitazione di via Neghelli. Il movente, secondo la ricostruzione dei magistrati, il procuratore di Siracusa Fabio Scavone ed il sostituto Carlo Enea Parodi,  sarebbe legato ad un alterco tra i Caruso e la vittima pochi minuti prima dell’assassinio. I due fratelli  sono stati condotti nel carcere di Cavadonna, a Siracusa. Le indagini sono state condotte dai militari del Nucleo Operativo e Radiomobile della Compagnia di Noto. A carico dei fratelli Caruso sarebbe emerso un grave quadro indiziario. Ancora al vaglio degli inquirenti i motivi per cui è scaturita la lite. La vittima sarebbe stata raggiunta presso la propria abitazione. Lì Pace è stato raggiunto da 5 colpi sui 10 esplosi.




Siracusa. Nuovo ospedale, Vinciullo sospende lo sciopero della fame

Sospeso lo sciopero della fame avviato in segno di protesta dall’ex presidente della commissione Bilancio dell’Ars, Vincenzo Vinciullo e dai consiglieri Salvo Castagnino e Mauro Basile, supportati, nella protesta, che è consistita anche nell’occupazione pacifica e simbolica della hall dell’ospedale Umberto I, da diversi sostenitori e simpatizzanti. La protesta, contro i ritardi verso la definizione della questione nuovo ospedale ,è proseguita anche in nottata. Al piano terra della struttura sanitaria di via Testaferrata, Vinciullo, Castagnino e Basile hanno trascorso la nottata. In attesa dell’incontro, annunciato per domani, tra l’assessore regionale Razza e il sindaco, Francesco Italia la protesta è stata sospesa. La riunione dovrebbe svolgersi nella sede catanese della Regione. “Ci auguriamo- commenta Vinciullo-  alla presenza dei dirigenti e dei funzionari dell’assessorato regionale alla Sanità.  “Abbiamo vinto, abbiamo raggiunto il nostro obiettivo, i catanesi sono stati costretti a cedere di fronte alla nostra legittima e sacrosanta protesta – dichiarano Vinciullo, Basile e Castagnino- Di fronte a questo risultato positivo sospendiamo, momentaneamente, la nostra azione di lotta in attesa di conoscere le risultanze dell’incontro che domani, verranno assunte, ricordando a tutti, in primis, al direttore generale dell’Asp di Siracusa che vi sono competenze che non possono essere delegate ai catanesi, ancorchè eletti grazie all’intervento determinante di Cuffaro, Lombardo e Miccichè, ma devono essere assunti solo a Siracusa. Decisioni prese in altre sedi istituzionali-continuano Vinciullo Basile e Castagnino, che non siano la sede dell’Asp di Siracusa e quella del Consiglio Comunale di Siracusa, rischiano di presentare profili di illegittimità che non potranno essere in seguito mai sanate”. Infine un auspicio, che ha anche il sapore di una previsione differente.  “L’augurio- concludono gli esponenti di Siracusa Protagonista – è che, domani l’assessore possa indicare al sindaco anche il capitolo da cui prenderà le risorse necessarie per costruire il nuovo ospedale, altrimenti il rischio concreto è che ci troviamo solo di fronte a parole”.




Siracusa. Cadavere rinvenuto in viale dei Comuni: è di un 60enne

Il corpo senza vita di un uomo è stato rinvenuto nella mattinata in viale dei Comuni,per strada. Sul posto,insieme alla polizia,il medico legale per risalire innanzitutto alla sua identità. Si tratta di un 60enne siracusano,le cui iniziali sono G.V. Il decesso sarebbe avvenuto per cause naturali. Diversi nodi restano ancora da sciogliere.