Pensare che il polo petrolchimico di Siracusa possa fermarsi, da qui a breve, pare non essere più solo operazione di fantasia. La crisi sistemica avanza e gli impianti rallentano la produzione. “Non è operazione di terrore dire che non c’è mai stato un momento così difficile e complesso per l’industria siracusana”, dice Andrea Bottaro, segretario regionale della Uiltec Sicilia. “Nelle segrete stanze del potere, lo dicono e lo sanno tutti. Ne sono convinte anche le stesse azienda. Non so se, a questo punto, il finale è scontato. Nel caso, dobbiamo lottare per far si che non sia ineluttabile”.
Difficile, però, quando il grosso dell’opinione pubblica non ha neanche compreso il problema. Di più, che possa chiudere l’area industriale di Siracusa, nessuno ci crede. “Il 60% degli impianti oggi è fermo. E non era mai accaduto”, è il dato svelato da Bottaro. “Come guardare così al futuro con serenità? Io sono preoccupato. Si fermano gli impianti, si fermano i lavoratori, si fermano gli stipendi e si ferma l’economia”.
Chiude la zona industriale? “Meglio per l’ambiente e facciamo turismo”, è la risposta a memoria di molti. Ma rispondere così significa ignorare la realtà. Il turismo rappresenta, quando va bene, l’8% del Pil siciliano; il polo industriale siracusano il 56%. Dove c’è economia, c’è occupazione. Occupazione significa stipendi, capacità di spesa nelle attività locali ed economia che gira. Se si ferma l’economia che gira, si ferma tutto. Altro che investimenti nel turismo. “Guardate cosa è successo a Gela. Andate a vedere con i vostri occhi come oggi tutti rimpiangono l’industria e quello che dava. Inclusi quelli che hanno festeggiato per la presunta svolta del territorio che, oggi, a distanza di anni, risulta solo più povero”, spiega pacato ma fermo il segretario regionale della Uiltec.
Siracusa destinata a fare la fine di Gela? “Si, se non si comprende che la crisi non è solo un problema di chi ci lavora, degli operai. Piaccia o meno – dice Andrea Bottaro – l’area industriale è il cuore dell’economia provinciale. Il momento più difficile dell’industria può dare un colpo letale al nostro sistema sociale. Se si chiude, l’effetto domino sarà di proporzioni difficili da immaginare. Stiamo cercando di far comprendere la gravità della situazione, mai come oggi così vicini alla fine. E siamo impreparati. Ho paura – aggiunge il sindacalista – che neanche a Roma abbiano percezione esatta della gravità del problema. Idem la Regione, addirittura gravemente assente all’ultimo confronto. Eppure anche il ministro Urso ha sottolineato che la vertenza è nazionale e non un mero fatto locale. Giorno 13 dicembre saremo di nuovo a Roma, al Ministero. E chiederemo aiuto anche a Santa Lucia”.
Si riparte dal paradosso: si discute tanto dell’unica azienda (Eni Versalis) che ha presentato un piano industriale con investimenti in Sicilia per due miliardi. Tutto attorno, però, è silenzio anche negli annunci. Quali sono i piani futuri delle grandi aziende presenti nel polo industriale di Siracusa? Saranno i l oro impianti compatibili con i nuovi Versalis? Interrogativi che allungano le fibrillazioni. “Serve un tavolo ministeriale sulla zona industriale siracusana, nel suo complesso. Non possiamo continuare ad affrontare la situazione a pezzi separati. Il polo petrolchimico è come un unico organismo, interdipendente. Rispetto alla mossa di Versalis, cosa fanno le altre aziende per rimanere in produzione?”.
La golden power? Operazione di immagine.