Ruba escavatore e camion per trasportarlo: bloccato in autostrada

Dopo aver rubato un escavatore, lo avrebbero caricato sul cassone di un camion Iveco, a sua volta rubato in un cantiere dell’autostrada Catania- Palermo. Non è andata bene ai presunti responsabili del furto, uno dei quali- alla guida- è stato denunciato dalla Polizia Stradale.
Il furto era stato messo a segno all’interno del piazzale dell’azienda proprietaria
nel ragusano, dove l’escavatore si trovava parcheggiato e dove i ladri si erano
furtivamente introdotti per mettere a segno il loro intento. Dopo il furto i malviventi si erano immessi sull’autostrada A/18 dal vicino svincolo di Ispica/Pozzallo con direzione Siracusa.
Il convoglio è stato, però, intercettato, nei pressi dello svincolo di Cassibile, da una
pattuglia della Polizia Stradale i cui componenti, non senza difficoltà, sono riusciti a
bloccarne la fuga. Il conducente, infatti, non ottemperando all’alt intimato, avrebbe accelerato, effettuando continui e repentini cambi di corsia con taglio netto
delle traiettorie per non farsi raggiungere e superare dalla pattuglia sino a quando, vistosi braccato, ha abbandonato il posto di guida, mentre il mezzo pesante era
ancora in movimento, per poi darsi alla fuga a piedi in direzione della scarpata adiacente.
Il fuggitivo, nel tentativo di dileguarsi , ha lasciato sul posto i telefoni cellulari
che, prontamente recuperati dagli operatori, hanno consentito, dopo opportune indagini, di individuare con assoluta certezza la sua identità per poterlo denunciare alla Procura
della Repubblica per “furto, ricettazione, violenza/minacce e resistenza a Pubblico
Ufficiale.
Terminati gli accertamenti di rito i veicoli rinvenuti – su indicazione dell’autorità
giudiziaria – sono stati riconsegnati ai legittimi proprietari che ne avevano denunciato il furto. Sono in corso indagini finalizzate all’individuazione degli altri complici che avrebbero fatto da staffetta al complesso veicolare in fuga.




“Insofferente” ai domiciliari: due evasioni in 48 ore, disposto trasferimento in carcere

I Carabinieri hanno arrestato una 43enne siracusana: dovrà lasciare i domiciliari per il carcere di Piazza Lanza di Catania. Benché sottoposta agli arresti domiciliari per reati in materia di stupefacenti e armi, ne ha più volte violato le prescrizioni. Le segnalazioni sono state prontamente comunicate alla magistratura che ha, quindi, emesso il provvedimento di aggravamento.
La donna era finita nello stesso carcere etneo già due giorni prima, in occasione del suo arresto in flagranza per evasione: era scesa in strada per una lite con i vicini. Adesso, dopo la nuova violazione della misura cautelare nel giro di 48 ore, è stato disposto l’aggravamento con nuovo arresto e trasferimento in carcere.




Uomini che picchiano le madri: un arresto ad Avola, una denuncia a Lentini

Gli agenti del Commissariato di Avola sono intervenuti ieri pomeriggio a seguito di una richiesta di aiuto, giunta al numero di emergenza, e bruscamente interrotta. Sul posto segnalato, i poliziotti hanno trovato una donna con evidenti lividi sulle braccia e il cellulare danneggiato. Secondo quanto ricostruito, il figlio 43enne glielo aveva strappato di mano e distrutto per impedire qualsiasi richiesta di soccorso.
Il 43enne, noto alle forze di polizia, avrebbe continuamente preteso dalla madre somme di denaro. Probabilmente un rifiuto alla base dell’aggressione. E’ stato arrestato per tentata estorsione, maltrattamenti in famiglia e lesioni e, dopo le incombenze di rito, portato nel carcere di Cavadonna.
A Lentini denunciato un uomo di 60 anni, già noto alle forze di polizia, per i reati di minaccia e maltrattamenti in famiglia. In particolare, l’uomo pretendeva dall’anziana madre, una donna di 85 anni, un’ingente somma di denaro per poter pagare delle spese processuali per una precedente separazione.




Grande caldo, il sindacato: “Vanno tutelati anche i lavoratori dell’Igiene Ambientale”

Un documento il cui tema è quello dei rischi legati allo stress termico originato dalle alte temperature. Il segretario provinciale della Fp Cgil, Jose Sudano ed il coordinatore del comparto Igiene Ambientale, Placido Puglisi hanno scritto alle aziende operanti nel settore: Tekra, Dusty, Tekra, Progitec, Super eco, Puccia, Impregico, AG ambiente, Impianti di compostaggio e rifiuti speciali, Cisma ambiente, Paradivi servizi, Rem. Alle aziende, i rappresentanti del sindacato ricordano che “non risultano essere state date vere disposizioni di prevenzione e protezione del rischio rappresentato dal lavorare in ambienti con temperature elevate, il tutto malgrado anche la nota del Dipartimento della Protezione Civile di Roma Capitale”. La Fp Cgil mette in evidenza il “rischio rappresentato dallo stress termico correlato al lavoro manuale in ambienti severi caldi può avere conseguenze anche gravi sulla salute delle lavoratrici e dei lavoratori”.
La richiesta è quella di prendere atto di quanto previsto dall’Inail nel documento Ambienti severi caldi-Prevenzione e protezione e nel dettaglio di “articolare i turni di lavoro in maniera tale da evitare di lavorare all’aperto nelle fasce orarie 12.00-16.00 e comunque nelle fasce orarie in cui le radiazioni solari UV sono più intense e la temperatura è più elevata (A tal fine suggeriamo di modificare gli orari di lavoro sfruttando i turni seminotte, notte e le prime ore del mattino per tutte le lavorazioni ad esclusione dei servizi di pulizia dei mercati; dare disposizioni affinché chi opera all’esterno con temperature superiori ai 30°C effettui, in luoghi freschi e ombreggiati, le pause come raccomandate dall’Inail.
Fondamentale, inoltre, che in ambienti “severi caldi” si verifichi che nelle vicinanze dei luoghi in cui operano i lavoratori, ci siano fonti di acqua potabile diretta.
Il sindacato chiarisce che “in assenza di modifiche dell’articolazione del lavoro, a tutela della incolumità, nella fascia oraria dalle 12.00 alle 16.00 e per tutta la durata delle temperature critiche, che secondo le previsioni nei prossimi 10 giorni supereranno I 35°C, se le operazioni da svolgere li dovessero esporre a rischio i lavoratori, questi non opereranno e resteranno in luoghi ombreggiati; in casi di situazione non sopportabile rientreranno nella sede di zona per provvedere a idratazione e lavaggi con acqua fredda e corrente”. In assenza di un riscontro urgente- conclude il documento- trascorse 24 ore infruttuosamente dalla comunicazione, si chiederà una verifica da parte dei Servizi Pre.Sa.L, Prevenzione Salute Lavoro alle Asp competenti.




Caos sistema aeroportuale, Scerra (M5S): “Potenziare Comiso è priorità per la Sicilia”

“Questi giorni di grave emergenza del sistema aeroportuale siciliano, rendono chiaro a tutti come sia necessario potenziare lo scalo di Comiso”. Lo sostiene il parlamentare siracusano Filippo Scerra (Movimento 5 Stelle) che, per richiamare l’attenzione degli enti coinvolti sui progetti di ampliamento, ha anticipato la presentazione di un’interrogazione al Ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture.
“Con l’aeroporto di Catania ko e con migliaia di viaggiatori sballottati in giro per la Sicilia, è evidente l’urgenza di dotarsi di un secondo hub in Sicilia orientale, capace di poter affiancare Fontanarossa. E bisogna riuscirci senza bisogno di attendere una nuova emergenza. E prima ancora – incalza Scerra – occorre uno sforzo di buon senso per dotare l’aeroporto di Comiso di strutture temporanee per l’accoglienza dei viaggiatori. E’ indecoroso costringere centinaia di persone a sedere in terra ed all’esterno, con temperature vicine ai 40 gradi”.
Al momento Comiso con 25 voli giornalieri e un volume di passeggeri dieci volte maggiore di quello registrato negli ultimi mesi è chiamato a sopperire ai problemi del Bellini di Catania. “Con due soli gate disponibili, è una missione proibitiva. Ne servirebbero almeno 5 per gestire senza troppi disagi situazioni del genere. L’ente gestore – conclude Filippo Scerra – deve essere sollecitato ad intraprendere azioni di questo tipo, con la guida dell’Enac e sotto il controllo del Ministero”.




Motopesca attaccato dai libici, il racconto: “Ho avuto paura di morire. Mai più per mare”

“Abbiamo avuto paura di morire. Io non tornerò più a bordo di un peschereccio. A mare solo per fare il bagno. Non si può rischiare la vita per cercare di guadagnare qualche euro”. A parlare è Marco Pugliara, uno dei siracusani a bordo del motopesca Orizzonte, attaccato nei giorni scorsi da una motovedetta libica in acque internazionali. Insieme ai compagni di disavventura, ha raccontato per cinque ore ai magistrati che stanno indagando sull’episodio cosa è accaduto in mare.
“Abbiamo visto questa motovedetta con scritte in arabo che si avvicinava. Quando erano a circa cento metri di distanza, hanno iniziato a sparare”. Raffiche ad altezza uomo, con i segni evidenti sulla barca mostrati in un video. “Abbiamo avuto paura. Ci siamo nascosti di sotto, in coperta. Se un proiettile ci avesse centrato, oggi non saremmo qui a raccontarlo…”, ripete Marco, 48 anni.
Per venti minuti i libici avrebbero sparato all’indirizzo dell’Orizzonte che, con il comandante, tentava disperate manovre per tirarsi fuori d’impaccio. “Poi hanno colpito il tubo del timone e così non potevamo più governare la barca. A quel punto si sono avvicinati e sono saliti a bordo”.
Fucili spianati, urla, spintoni. I libici legano l’equipaggio, controllano i cellulari per verificare che nessuno abbia ripreso la scena. Fanno razzia di attrezzatura tecnologica a bordo, facile da vendere sul mercato nero. Tra l’equipaggio c’è un tunisino che prova a tradurre in italiano ai compagni cosa stanno urlando quegli uomini armati. Per tutta risposta, lo colpiscono alla schiena con il calcio di un fucile. Ha riportato una prognosi di 25 giorni.
Erano militari libici quelli saliti a bordo? “Non credo proprio. Erano in tre ed erano vestiti in modo diverso uno dall’altro. Chi in ciabatte, chi con le scarpe da ginnastica. In magliettina e canotta, nessuna divisa”.
Una testimonianza che, quindi, pare accreditare l’ipotesi dell’atto di pirateria in acque internazionali. I libici si sono fatti consegnare i soldi a bordo, 200kg di pesce spada, l’attrezzatura satellitare, il computer. Prima di andare via, hanno slegato un componente dell’equipaggio che ha provveduto a liberare gli altri, mentre la barca nordafricana si allontanava.
“Eravamo scossi, spaventati. Abbiamo davvero temuto di morire, altro che sequestro. Per fortuna, il nostro capitano è riuscito a dare l’allarme e con il supporto del nostro armatore da Siracusa, si è messa in moto la macchina dei soccorsi”, racconta ancora Marco. In novanta minuti, un elicottero della Marina Militare ha raggiunto l’Orizzonte alla deriva. “Quella presenza costante ci ha rassicurato. Durante l’intera mattinata ci hanno tenuto sott’occhio, per evitare altre disavventure. Siamo riusciti a stabilire un contatto. Poi nel tardo pomeriggio sono arrivati anche i militari italiani a bordo. Non appena abbiamo scorto la sagoma di una nave della Marina Militare ci siamo finalmente sentiti in salvo”, prosegue il marittimo siracusano.
Le riparazioni, il viaggio di ritorno verso il Porto Grande. Poi la testimonianza nella notte in Capitaneria, fino alle 5 di ieri mattina. Solo dopo, il ritorno casa e l’abbraccio con i familiari.
L’armatore, Nino Moscuzza, non nasconde la disperazione. I danni ammontano a 30mila euro, secondo una prima stima. L’Orizzonte, al momento, è sotto sequestro. Un atto dovuto, per permettere alla Scientifica di compiere tutti gli accertamenti del caso. “Ma io non ho più un equipaggio. Hanno paura, non vogliono tornare per mare e rischiare la vita. Il comandate è in ospedale per accertamenti, aveva già un affanno al cuore. E poi ci sono i danni, le attrezzature perdute. Come facciamo a lavorare?”, si domanda tra un appello e l’altro, anche alla Regione che – con il presidente Schifani – aveva mostrato attenzione sulle sorti dell’equipaggio del motopesca.




Black-out a Siracusa: aumenta la richiesta di energia elettrica e la rete è in sofferenza

L’ondata di calore che sta colpendo la Sicilia porta con sè una serie di disagi. A Siracusa, uno dei principali è dovuto ai continui black-out elettrici. In alcuni casi, l’interruzione di energia elettrica è perdurata – secondo le segnalazioni degli utenti – anche oltre dieci ore. Dalla serata di ieri, ancora senza corrente diverse abitazioni di Tremilia e le attività commerciali (e le abitazioni) della zona Cappuccini. Ma nelle ultime 24 ore sono aumentati i casi lamentati di assenza di distribuzione elettrica: da Ortigia alla Pizzuta, dalla Borgata alla zona limitrofa a viale Zecchino. Alle 10 di questa mattina, circa 400 utenze ancora senza energia, a fronte delle 3.000 di stanotte.
Le poche indicazioni che arrivano dal gestore, si limitano ad indicare il problema nell’eccessivo assorbimento. Troppa richiesta di energia elettrica, con migliaia di climatizzatori accesi per difendersi dal gran caldo in cerca di refrigerio, è la rete collassa. Secondo alcune fonti tecniche, scatterebbe la cosiddetta “protezione” nelle cabine elettriche, alcune datate e bisognose di ammodernamento (e potenziamento).
I disagi potrebbero continuare anche nelle prossime ore, almeno sino a quando non rientrerà la domanda di energia elettrica della città. In provincia, soffrono anche Priolo e Augusta. Tutte impegnate sul territorio le squadre Enel di area.




Ondate di calore, arrivano le prime due ordinanze: stop ai cantieri da 35°C in su

Palazzolo Acreide e Priolo Gargallo sono i primi due centri del siracusano ad emanare un’apposita ordinanza con cui si dispone la sospensione delle attività dei cantieri pubblici quando la temperatura è superiore ai 35 gradi. Il “primato” spetta a Palazzolo, con il provvedimento siglato dal sindaco Salvatore Gallo. Seguito poi a ruota da Pippo Gianni a Priolo. “Finalmente cominciamo a raccogliere i frutti di anni di impegno della Fillea Cgil per tutelare la salute dei lavoratori edili. L’adozione di queste ordinanze, da parte di due sindaci che ringraziamo per la straordinaria sensibilità, dimostra come si possa essere rivoluzionari con atti amministrativi vicini alle istanze del lavoro”, commenta il segretario provinciale della Fillea Cgil, Salvo Carnevale. “Speriamo che questi provvedimenti possano fare da apripista, scatenando un effetto domino anche in altre amministrazioni comunali della provincia”.
La questione è quella legata alle ondate di calore ed alle temperature elevate che non consentono di garantire la sicurezza sul posto di lavoro. Tema caro alla Fillea, che da anni conduce campagne di informazione e sensibilizzazione.
Nei fatti, le due ordinanze sindacali prevedono che superati i 35 gradi (che una nota congiunta di Inps-Inail del luglio del 2022 ha precisato possano essere anche solo percepiti), in assenza di misure in grado di mitigare il rischio da colpo di calore (es. turni in orari diversi da quelli ordinari), le attività devono essere sospese e le imprese devono richiedere la cassa integrazione ordinaria.
“Le ordinanze rafforzano principi fondamentali e impongono restrizioni nel settore edile durante questa fase di particolare calore. È chiaro come vengano di fatto rafforzati controlli e fungano da potente deterrente facilitando le richieste di cassa integrazione riconoscendo, di fatto, il valore della contrattazione territoriale per le modifiche degli orari di lavoro”, dice soddisfatto Carnevale.

foto esemplificativa dal web




Busta con proiettili davanti alla porta: intimidazione a Pachino, denunciato 29enne

Una busta di plastica contenente proiettili di vario calibro ed uno scritto anonimo, indirizzato ad un uomo di 31 anni.Chiaro il gesto intimidatorio. Agenti del Commissariato di Pachino, al termine di una celere attività investigativa, hanno, dunque, denunciato un giovane di 29 anni, già noto alle forze dell’ordine, per detenzione abusiva di munizioni e minaccia. Secondo quanto appurato nell’immediatezza dei fatti, anche grazie all’analisi delle immagini raccolte dai sistemi di videosorveglianza, il giovane, con volto travisato, la notte del 18 luglio scorso, avrebbe lasciato sulla soglia dell’abitazione della vittima un sacchetto di plastica contenente munizionamento di vario calibro ed uno scritto anonimo in cui veniva riportato il nome della persona alla quale era indirizzato il gesto intimidatorio.




In possesso di 136 dosi di droga nonostante ai domiciliari: 42enne in carcere

Aveva 136 dosi di droga nonostante sottoposto ai domiciliari.
Nelle prime ore di questa mattina, agenti delle Volanti, nell’ambito dei controlli a coloro che sono sottoposti a misure limitative della libertà personale, hanno sorpreso un uomo di 42 anni, sottoposto agli arresti domiciliari, in possesso di 136 dosi di sostanza stupefacente di vario tipo (70 dosi di cocaina, 40 dosi di crack e 26 dosi di hashish).
Dopo le incombenze di rito, il quarantaduenne è stato nuovamente arrestato ma condotto, questa volta, nel carcere di Cavadonna.