Concordato biennale preventivo, l’esperto: “flop tra incertezze e troppi paletti”
Giuseppe Canto è dottore commercialista, fondatore nel 2003 dello Studio Canto. Si occupa di consulenza ed assistenza professionale ad imprese, enti e privati in tutte le aree economico-giuridiche, con un particolare focus sulle problematiche fiscali. A lui abbiamo chiesto una nota di commento sul concordato biennale preventivo.
A poche ore dallo spirare del termine di scadenza per aderire al Concordato Preventivo Biennale, fissato per il 31 ottobre, cominciano ad emergere i primi dati circa il numero delle adesioni, che confermano quanto diciamo da mesi: “è stato un flop colossale!”
Per intenderci, a fronte di una platea di possibili fruitori del nuovo istituto fiscale di circa 4 milioni di partite iva, pare che le adesioni – nella più ottimistica delle valutazioni – arriveranno a 500.000 contribuenti. Questi accetteranno la proposta dei maggiori redditi da garantire al Fisco per gli anni d’imposta 2024 e 2025.
Inutile rimarcare che si tratta di una debacle ampiamente annunciata la cui portata, però, è enormemente più grande di quanto era possibile immaginare. Il perché? Semplice: troppi correttivi in corso d’opera, incertezza sulla interpretazione della normativa, accavallarsi di ulteriori scadenze ed adempimenti fiscali che non hanno consentito la giusta analisi sulla convenienza o meno alla adesione e, in ultimo, un Governo sordo rispetto alle continue richieste di proroga dei termini pervenute dai Commercialisti italiani.
Adesso, preso atto del disastro causato, l’Agenzia delle Entrate pensa ad una riapertura dei termini, non di proroga, fino alla fine del 2024. Nella sostanza per i contribuenti non cambierebbe nulla, trattandosi della ulteriore possibilità di aderire, entro fine anno, ma con una maggiore consapevolezza ed analisi della convenienza, così come richiesto dal Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e dalle principali sigle sindacali italiane.
Tuttavia, nonostante l’ormai quasi certa riapertura dei termini, rimangono numerosi i dubbi e le problematiche legate alla adesione dei contribuenti.
Infatti, al fine di rendere maggiormente appetibile l’istituto, è necessario che il legislatore rimuova alcuni dei paletti che attualmente ne impediscono la massiccia adesione, come ad esempio il debito massimo lordo di € 5.000,00. Limite, che seppure riferito all’anno d’imposta precedente (2023), come precisato dall’Agenzia delle Entrate, sembra eccessivamente basso per una platea di contribuenti che ancora piange gli effetti devastanti della pandemia.
Ancora, sarebbe auspicabile una maggiore dilazione di pagamento delle imposte sostitutive dovute da chi, aderendo al Concordato Preventivo Biennale, intende sanare anche le annualità dal 2018 al 2022.
Infine, ci si chiede come intende gestire, l’Agenzia delle Entrate, la mal celata minaccia di accertamento nei confronti dei contribuenti che aderiranno al Concordato Preventivo Biennale, alla luce della attuale scarsissima adesione riscontrata, che tale rimarrà se non si porranno i giusti rimedi alle problematiche evidenziate, alla luce delle scarse risorse umane a disposizione del Fisco per procedere alle necessarie verifiche.
Come sempre, il tempo è galantuomo e ci darà le giuste risposte, ma ad oggi, il Governo ed il Fisco hanno dimostrato per l’ennesima volta, di essere lontani dai problemi reali dei contribuenti italiani e che molte norme nascono solo per camuffare le inefficienze interne al sistema.
Vedremo nei prossimi giorni l’evoluzione della vicenda, ma se il buongiorno si vede dal mattino…
Giuseppe Canto