Depuratore Ias, doccia gelata dalla Consulta: incostituzionale il “decreto Priolo”

 Depuratore Ias, doccia gelata dalla Consulta: incostituzionale il “decreto Priolo”

La Consulta ha dichiarato incostituzionale il cosiddetto “decreto Priolo”. Bocciata quindi la legge 2/2023 che aveva attribuito al Tribunale di Roma la competenza per l’appello contro i provvedimenti del giudice che abbiano negato l’autorizzazione a proseguire l’attività di stabilimenti o impianti sequestrati di interessi strategico nazionale. Lo ha stabilito la Corte Costituzionale con la sentenza numero 38, depositata oggi, che ha ritenuto fondata la questione di legittimità costituzionale sollevata dallo stesso Tribunale di Roma. Il caso era nato dopo il sequestro preventivo del depuratore Ias che serve la zona industriale di Siracusa, con il relativo stop al conferimento dei reflui da parte delle aziende. In precedenza, la Corte aveva ritenuto nel complesso legittima la possibilità per il Governo di stabilire con decreto, in via derogatoria rispetto agli ordinari procedimenti autorizzativi, le modalità di prosecuzione dell’attività degli stabilimenti e impianti sequestrati, purché le misure prescritte dal decreto non abbiano una durata superiore a 36 mesi.
Ora, invece, è stata esaminata la norma che designa il Tribunale di Roma come unico giudice competente a giudicare dell’impugnazione contro il provvedimento con cui il giudice, nonostante il decreto governativo, abbia comunque disposto la sospensione dell’attività. Ed era proprio il caso di Siracusa, con il Tribunale aretuseo che aveva intimato la sospensione. La Corte ha osservato preliminarmente che, in assenza della nuova norma, il provvedimento del giudice relativo alla prosecuzione dell’attività sarebbe stato già impugnabile, con lo strumento dell’appello cautelare, davanti al tribunale territorialmente competente: e cioè il tribunale del capoluogo di provincia in cui ha sede il giudice che procede. Secondo la Corte, lo spostamento di competenza realizzato dalla nuova norma non viola il principio del giudice naturale precostituito per legge, sancito dall’articolo 25, primo comma, della Costituzione.
La nuova competenza del Tribunale di Roma, infatti, deriva da una disciplina legislativa di portata generale e non riferita a una singola vicenda giudiziaria; ed è motivata da esigenze di rilievo costituzionale (in particolare, l’esigenza di assicurare uniformità di indirizzi giurisprudenziali in una materia che coinvolge interessi strategici nazionali); ed è ancorata a presupposti obiettivi stabiliti dalla legge. Tuttavia, la norma esaminata presenta profili di manifesta irragionevolezza, e dunque è contraria all’articolo 3 della Costituzione.
Una “grave incongruenza” provocata sarebbe quella di non chiarire in quale Tribunale si radichi esattamente la competenza, a seconda dell’esito della decisione impugnata. Non solo, lo spostamento di competenza per il giudizio di impugnazione contro il provvedimento che abbia negato la prosecuzione dell’attività crea le condizioni per lo svolgimento parallelo di diversi procedimenti d’appello, davanti a diversi tribunali, contro i provvedimenti del giudice che ha disposto il sequestro dei medesimi impianti. E questo, conclude la Corte, con pregiudizio “non solo rispetto alla finalità, perseguita dal legislatore, di garantire l’uniformità degli indirizzi interpretativi in materia e la specializzazione dell’organo giudicante, ma anche rispetto all’esigenza di garantire, nell’immediato, decisioni tra loro coerenti rispetto al singolo procedimento cautelare avviato con il sequestro di un determinato impianto o stabilimento”.

 

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