Troppa droga in giro, Cafiso: “Possiamo salvare qualcuno. Impossibile controllare la massa”
La guerra contro la droga è persa. Possiamo vincere singole battaglie ma non possiamo più controllare la massa”.
Sono parole che tuonano e allarmano quelle del Dirigente del Dipartimento di Salute Mentale dell’Asp di Siracusa, lo psicoterapeuta Roberto Cafiso, che in questo modo commenta l’escalation di episodi di microcriminalità, presumibilmente legata all’azione di giovani tossicodipendenti che, per racimolare denaro da usare per l’acquisto di una o più dosi, fanno irruzione in negozi o in qualsiasi luogo possa garantire loro qualche spicciolo.
La strada è in salita ma secondo Cafiso è sbagliato pensare che si tratti di un fenomeno nuovo. “Non lo è affatto- puntualizza- Da trent’anni siamo alle prese con giovani che consumano droghe. Quello che è cambiato è lo stupefacente che va per la maggiore, che in questo momento è il crack, in altre epoche era l’extasy, in altre epoche ancora, altre droghe”.
Il problema principale sarebbe la pericolosità delle nuove droghe.
“Abbiamo notato nei trattamenti che i soggetti che usano crack da uno o più anni hanno moltissime difficoltà a recuperare quella cognitività e quella consapevolezza necessaria a poter decidere di spostarsi da questa tendenza. Questo avviene in maniera molto più importante rispetto ad altre droghe”.
A livello sociale, aggiunge Cafiso, “dobbiamo fare in modo che le famiglie si rendano innanzitutto conto che questa sostanza è pericolosissima, aggancia le persone dieci volte più della cocaina, già per il semplice fatto che costa dieci volte meno ed è la più diffusa in assoluto. Chi l’ha immessa nel mercato ottiene introiti di gran lunga superiori rispetto ad altri stupefacenti, proprio perché si tratta di droga a basso costo ed efficace per lo sballo”.
Sbagliato anche attribuire tutte le colpe alle famiglie.
“C’è una spinta alla sostanza impetuosa -dice ancora il Dirigente del Servizio di Salute Mentale di Siracusa- e a volte quando i genitori cercano di bloccare il figlio in questo percorso, la reazione è quella di aggressioni fisiche. In quel momento l’unico interesse del soggetto è procurarsi una dose. Questo stupefacente dà questa sorta di coraggio indotto, di spinta eccitatoria, che rappresentano un rischio serio per la sicurezza della collettività. Si arriva facilmente a flash di aggressività, bullismo, percosse, anche semplicemente per episodi banali, magari per strada, alla guida”.
Poi Cafiso torna a battere su un punto. “Non è vero che ci siamo “ridotti” in queste condizioni. Da anni sappiamo dell’uso delle sostanze, ma i giovani sono in un trend distruttivo da decenni. Il crack sparirà, ma non perché abbiamo risolto il problema. Sparirà perché com’è sempre stato, lascerà spazio ad un’altra droga”.
Limitato, a suo dire, il margine di azione, sia da parte delle forze dell’ordine, sia da parte delle famiglie.
“Le forze dell’ordine possono intervenire per le proprie competenze, ma è un’attività che ha comunque dei limiti ed anche le famiglie sono prive di reali strumenti per affrontare una situazione di questo tipo. Basti pensare che i giovani sono già spesso sordi alle raccomandazioni dei genitori. Se si tratta di ragazzi che usano droghe, non c’è speranza di farli ragionare autonomamente”
La soluzione non sarebbe da trovare con il “fai da te”, dunque.
“I servizi possono dare e danno risultati – conclude Cafiso- La droga è un problema multifattoriale e va affrontato, dunque, con un approccio multidisciplinare. I singoli casi hanno un esito positivo ma servono famiglie disponibili a collaborare sul serio”.