Federica, siracusana a Tirana: “vi racconto gli infiniti 179 secondi del terremoto”
Anche Siracusa partecipa alla grande mobilitazione nazionale per l’Albania, colpita nei giorni scorsi da un devastante terremoto. L’associazione di Protezione Civile Avcs attende il via libera della Regione, ma volontari e mezzi (tra cui la grande cucina da campo) sono pronti a partire. La Misericordia di Floridia da questa mattina ha aperto la propria sede per una raccolta di beni di prima necessità da inviare nei centri più colpiti dal sisma, Durazzo su tutti e poi la vicina Tirana, distante poco meno di 40 chilometri.
A Tirana c’era anche la studentessa siracusana Federica Bosco. Frequenta la Universiteti katolik “Zoja e Këshillit të Mirë” (Nostra Signora del Buon Consiglio) e quella notte del 26 novembre scorso ce l’ha ben scolpita nella mente. Mancavano pochi minuti alle 4. “Dormivo. D’improvviso mi sono svegliata con il letto che si muoveva. Sbatteva contro la parete e ogni secondo che passava accelerava la frequenza. Interminabile. Io quasi rimbalzavo sul letto, immobile, pietrificata, senza riuscire neanche ad arrivare al comodino per accendere la luce”, racconta oggi dalla sua casa di Siracusa dove è rientrata dopo il lungo sciame sismico che sta investendo l’Albania.
“Con la mia coinquilina, anche lei italiana, abbiamo iniziato ad urlare. Ci siamo chiamate a gran voce da una stanza all’altra. Ma il terremoto non passava mai. Tutto al buio, le porte che si aprivano e chiudevano. Un incubo”. Un incubo lungo 179 secondi, con i sismografi che segnano una intensità di magnitudo 6.5 Richter.
Scarpe e giacca prese di fretta e giù in strada, con le crepe visibili sulle pareti ed il panico di una intera città. “C’era ressa anche sulle scale per scappare fuori. Un via vai continuo, tutti pressati. Papà con i figli in braccio, gente scalza, chi con le coperte, auto piene come appartamenti. Siamo stati in strada, cercando un posto sicuro, un piazzale. Siamo rientrate in casa solo due ore dopo la scossa, per prendere qualcosa da infilare in fretta e furia nello zaino. Ma la terra non smetteva di tremare. Allora abbiamo deciso di raggiungere Durazzo per imbarcarci subito per l’Italia”. Le scosse sono continue, non danno tregua. Alcune lievi, altre facilmente avvertibili. “E’ stato come galleggiare, nauseante quasi come avessimo mal di mare”, racconta Federica quasi sottovoce.
Nonostante la paura, tornerà in Albania. “Devo completare il mio percorso. Al momento stanno verificando i danni ed io sto cercando di capire se potrò tornare nella casa di Tirana. Le costruzioni hanno retto ma il Paese non era preparato per emergenze di questo tipo. Non era attrezzato per i soccorsi e per l’assistenza sanitaria. In Albania stanno apprezzando gli aiuti internazionali. E sentono particolarmente la vicinanza dell’Italia”.