Generazione di incivili, parla l’esperto: “impreparati a noia, stress e rabbia”

Rifiuti abbandonati a bordo strada, spazzatura sulle spiagge, munnizza dentro i parchi pubblici dove dovrebbero correre e giocare i bambini. Ormai anestetizzati davanti a queste situazioni, non si riesce ad imbastire una reazione che sia sociale o dettata da sanzioni. E le situazioni spiacevoli aumentano. L’ultima in ordine di tempo dal parco Ozanam, un tempo uno dei più curati e ben tenuti in città. Ma la lista è lunga, da Fontane Bianche al centro città. Lasciare i luoghi nelle stesse condizioni in cui sono stati trovati è impresa titanica, specie per le comitive di giovani.
Si dice sia ormai colpa della moderna società, veloce e indolente. Invero, manca un aggettivo: incivile. Saremo mai meglio di così? Roba da psicanalisi.
“Gli atti di vandalismo o incuria possono essere dettati da una serie di motivazioni complesse, che spesso hanno radici profonde nei contesti familiari e sociali dei giovani”, sottolinea lo psicologo siracusano Dario Cataudella, indicando uno dei primi limiti dell’attuale modello formativo. “La prima educazione inizia in casa. I genitori sono co-costruttori dei modelli comportamentali dei loro figli. Fornire a questi ragazzi i giusti strumenti per fronteggiare lo stress, la noia, la rabbia e le ulteriori sfide emotive è indispensabile per evitare che questi modelli diventino inevitabilmente la loro modalità disfunzionale di stare al mondo”, spiega Cataudella.
Come intervenire, allora? Come cambiare rotta? “Per promuovere una sana crescita emotiva e comportamentale, bisogna iniziare con lo stabilire un sano contesto familiare, evitare conflitti distruttivi e aiutare il giovane mediante una relazione autentica genitore-figlio ad autoregolarsi e ad avere una maggiore consapevolezza di sé, degli altri e dell’ambiente”. Insomma, questi genitori amici pronti a giustificare l’ingiustificabile rendono i ragazzi impreparati al confronto corretto con il mondo esterno.
“La relazione con le proprio figure di riferimento primarie, se fondate su questi presupposti, possono diventare la base dalla quale il ragazzo può imparare a relazionarsi con l’altro e con l’ambiente circostante. Inoltre – aggiunge a proposito lo psicologo Dario Cataudella – è importante riconoscere le sfide psicosociali che le istituzioni, comprese le scuole e le organizzazioni giovanili, devono affrontare nel fornire un ambiente educativo e di supporto adeguato ai giovani”.
E qui entra in gioco, insieme alla famiglia, anche la scuola. “Una solida rete tra le istituzioni scolastiche e le famiglie è essenziale, poiché la scuola rappresenta un contesto fondamentale per la formazione delle relazioni sociali e lo sviluppo di regole e valori condivisi”. Questo disagio nel relazionarsi con gli altri e con gli spazi di tutti deve trovare un primo contrasto “nella prevenzione attraverso l’educazione familiare”. E il coinvolgimento delle istituzioni scolastiche “può contribuire a creare una società più resiliente e consapevole”. In grado di non finire appiato su fonti modelli forniti da cinema e fiction dove, in una sorta di ribaltamento delle prospettive, il “cattivo” di una volta è diventato la figura “leader” di oggi.