Guerra e caro energia, soffre il sistema produttivo siracusano: a rischio il 24,9% degli occupati
Le conseguenze economiche del conflitto in Ucraina stanno mettendo sotto pressione una ampia platea di imprese siciliane, già provate dal precedente aumento dei costi. In sofferenza – secondo i dati dell’osservatorio di Confartigianato Sicilia – ci sono circa 46mila aziende dell’Isola che rappresentano un quinto (21,8%) degli occupati del sistema produttivo siciliano. Si tratta, in particolare, di aziende medio-piccole, la quasi totalità con meno di 50 addetti (99,5%).
Il sistema produttivo della provincia di Siracusa è il secondo in maggiore stress a causa del conflitto in corso. Il coinvolgimento riguarda il 24,9% degli occupati. Solo Ragusa “soffre” di più (25,2%), dietro Siracusa poi c’è Caltanissetta (24,4%).
Nel dettaglio, si collocano nella trincea avanzata i settori con una maggiore intensità energetica: dalla metallurgia al petrolchimico, dalla carta al vetro, dalla ceramica ai trasporti. Nei comparti manifatturieri energy intensive sono sempre più numerosi i casi in cui il divario tra costi e ricavi diventa insostenibile, costringendo al fermo dell’attività: “a due anni dal lockdown sanitario siamo arrivati al rischio di lockdown energetico per 2.363 MPI con 8.721 addetti”, spiegano da Confartigianato.
Il caro-carburanti, poi, colpisce il trasporto merci e persone, già pesantemente toccati dalla pandemia, comprimendo i margini per 7.343 medio-piccole imprese con 28.274 addetti.
Le carenze di materie prime provenienti da Russia e Ucraina, associate a costi crescenti delle forniture, coinvolgono le imprese nei settori dell’alimentare, dei metalli e delle costruzioni, un perimetro in cui operano 35.541 MPI con 91.989 addetti.
foto di Dario Ponzo