I ‘ghostbuster’ del mare in azione a Siracusa per rimuovere le pericolose reti fantasma

Le reti fantasma (ghost nets, in inglese) sono una minaccia invisibile che si aggira tra le onde. Non ne è esente il mare siracusano. Abbandonate o dimenticate, sono ormai una delle forme più pericolose di inquinamento marino. Per ripulire tratti di mare aretuseo da questo pericolo, sono iniziate da alcuni giorni le operazioni dei “ghostbuster” del mare, nell’ambito del progetto MER (Marine Ecosystem Restoration) finanziato dal Pnrr e con la guida di Ispra, ribattezzato proprio Ghost Nets.
Siracusa è uno dei 20 siti italiani in cui sono state avviate le procedure per ripulire il mare da queste attrezzature. Dalla Liguria alla Sicilia, il piano andrà avanti sino al 30 giugno 2026 per la rimozione, la raccolta, il trasporto, lo smaltimento e il riciclo delle “reti fantasma”.
Coinvolti nell’operazione nei mari siracusani, da una settimana, sono subacquei altamente specializzati e robot sottomarini filoguidati (ROV) con braccia meccaniche per tagliare, manipolare e rimuovere le reti a profondità superiori ai 40 metri, nel rispetto di un rigoroso piano di sicurezza. “Quattro le zone d’intervento: dal Plemmirio ad Avola, passando per Brucoli. Attualmente in corso pulizia poco a largo di Fontane Bianche”, spiega Fabio Portella, noto diver e ricercatore siracusano che sta contribuendo alle operazioni, insieme al suo team.
“Non si tratta di una semplice pulizia, ma di un intervento preciso e meticoloso, simile al restauro di un dipinto, che valuta attentamente le condizioni di ogni sito per ridurre al minimo i danni alle comunità animali e vegetali e massimizzare il riciclo della plastica recuperata. Un passo fondamentale per mari più puliti e sostenibili, liberi dalle minacce delle reti fantasma e protetti nella loro biodiversità”, spiega Ispra.
E proprio i dati dell’istituto superiore per la protezione ambientale – riportati in una recente nota stampa – indicano che l’86,5% dei rifiuti in mare è legato alle attività di pesca e acquacoltura e il 94% di questi sono reti abbandonate, alcune lunghe addirittura chilometri. Le “Ghost Nets” sono pericolosissime: le praterie di Posidonia oceanica vengono danneggiate per effetto fisico dell’ombreggiamento e dell’abrasione meccanica del fondale che uccide e strappa le piante, molte specie vengono soffocate a causa dell’eccessivo accumulo di sedimenti. Anche le specie animali subiscono un danno perché le attrezzature da pesca perse in mare continuano a catturare milioni di pesci, mammiferi, tartarughe, grandi cetacei e persino uccelli in modo non selettivo e indiscriminato, senza il controllo umano, colpendo quindi anche specie minacciate e a rischio. Una volta intrappolati dalle reti fantasma, non sono in grado di muoversi morendo per fame, infezioni e lacerazioni. Si stima che da sole le reti fantasma catturino circa il 5% della quantità di pesce commerciabile a livello mondiale.
Inoltre, essendo ormai realizzate in fibra sintetica derivante dalla plastica, impiegano centinaia di anni per decomporsi contribuendo così, in maniera significativa, all’inquinamento.