Intimidazione al collaboratore di giustizia, fermati due ventenni “traditi” dalla felpa

 Intimidazione al collaboratore di giustizia, fermati due ventenni “traditi” dalla felpa

Due 20enni siracusani sono stati posti in stato di fermo e condotti in carcere a Cavadonna. Sono indiziati di porto in luogo pubblico di arma clandestina e danneggiamento, con l’aggravante di aver utilizzato il metodo mafioso. L’attività investigativa condotta dalla Polizia di Stato e dell’Arma dei Carabinieri, ha preso avvio dall’esplosione di 5 colpi di arma da fuoco contro la porta d’ingresso dell’abitazione di un uomo, avvenuta a Siracusa la sera del 26 settembre scorso, poche ore dopo la notizia della sua collaborazione con la giustizia. Alle ore 23.30, hanno ricostruito gli investigatori, due soggetti a volto scoperto ed a bordo di uno scooter, transitando a forte velocità davanti all’abitazione dell’uomo, hanno esploso colpi d’arma da fuoco che hanno raggiunto la facciata del palazzo.
Nel corso delle indagini – coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Catania – sono state rinvenute e sequestrate due pistole, nascoste all’interno di un’auto parcheggiata che aveva insospettito un poliziotto libero dal servizio. I primi accertamenti hanno permesso di evidenziare una compatibilità di quelle armi con quelle utilizzate per compiere l’atto intimidatorio.
In poco tempo, gli investigatori sono poi risaliti all’identità dei due presunti autori posti adesso in stato di fermo. Dalla visione dei filmati acquisiti dalle telecamere cittadine sarebbe emerso un particolare determinante: uno dei soggetti a bordo dello scooter, durante la commissione del reato, indossava una tuta della società sportiva calcio Napoli, facilmente identificabile dal logo riportato e risultata essere la stessa indossata da uno degli indagati in alcuni filmati da lui postati sui social network. Nel corso delle perquisizioni domiciliari, sarebbero poi emersi ulteriori elementi.
Il “messaggio” – secondo gli inquirenti – sarebbe maturato nell’ambiente mafioso della città con l’intento di intimidire il collaboratore di giustizia, per favorire così il clan Bottaro-Attanasio.

 

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