La Cina del coronavirus: il racconto del siracusano Simone, studente a Pechino

 La Cina del coronavirus: il racconto del siracusano Simone, studente a Pechino

Simone è uno studente siracusano in Cina, iscritto all’Università Internazionale con sede a Bejing (Pechino). Ma nella Cina del coronavirus e delle poche informazioni veicolate dalle autorità locali la paura si diffonde veloce quanto il contagio. E nonostante un corso di studi da completare, alla fine ha scelto di tornare per sicurezza a casa, almeno fino a quando la situazione non migliorerà. In un lungo post su Facebook ha raccontato cosa accade nel paese orientale.
“Siamo venuti a conoscenza dell’epidemia grazie ad amici e familiari, perché qui in Cina non è semplice ricevere notizie. Il silenzio è più forte, il non sapere è più potente. Il virus ha raggiunto già Pechino, la città in cui studiamo. La città è a corto di maschere protettive, tutte vendute. Ci consigliano di non visitare luoghi affollati, mercati, supermercati dove prodotti carnefici e uova vengono vendute. In Cina, quali posti non sono affollati?”, scrive lo studente siracusano.
“Migliaia di persone ovunque, gente che viaggia con galline morte nei secchi della pittura, chi dorme a terra, chi sputa e chi tira su con il naso. Per loro è normale, magari per noi no. Ma bisogna rispettarli, diverse culture, tradizioni e comportamenti”, aggiunge poi, dipingendo con le sue parole una situazione igienica non ideale quando c’è da contenere una epidemia.
“Le mense all’università qui a Pechino sono tutte chiuse, perché è periodo festivo (capodanno cinese, ndr). Dove dovrei andare a comprare da mangiare? Gli hotel chiudono le saune e le piscine, si preparano al peggio. Ho contattato la mia università per chiedere di continuare gli studi in Inghilterra, a Londra. Hanno rifiutato perchè la sanità nazionale non ha ancora riportato abbastanza casi”. In Occidente si parla di migliaia di contagi, ma “in Cina le notizie parlano di appena 100 casi, così, per evitare che il mondo pensi male del loro sistema”.
Viaggiare per allontanarsi dall’epicentro del contagio non è sempre agevole. “Gli aeroporti in giro per il mondo hanno già iniziato a bloccare chiunque proviene dalla Cina, per controlli, o per il rimpatrio. Hanno implementato telecamere che registrano cambiamenti di temperatura. Chiunque avesse decimi di febbre viene bloccato, investigato, registrato”, racconta ancora nel suo post il giovane Simone.
“Ho visto degenerare la situazione in poche ore. Stavamo per prendere un treno per andare a Chengdu, la città dei Panda. Gli ultimi dieci minuti abbiamo cambiato il biglietto. Ci hanno detto di evitare contatti con animali vivi. È facile per loro riuscire a cambiare i nostri piani, ma per noi non è facile cambiare ciò che abbiamo progettato da tanto, viaggi, progetti, carriera, studi, vita. Prenderemo precauzioni”. La prima, il ritorno a casa. Il coronavirus avanza veloce e miete vittime.

 

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