La minaccia dei sindaci siciliani (e siracusani): dimissioni se governo sordo alle difficoltà

 La minaccia dei sindaci siciliani (e siracusani): dimissioni se governo sordo alle difficoltà

Doveva essere una festa dei Comuni, ma l’assemblea dei sindaci dei giorni scorsi a Parma ha solo certificato l’esistenza di un’Italia a due velocità. La Sicilia e i suoi 391 Comuni – lamenta l’Anci regionale – sono fanalino di coda, relegati nell’angolo più buio e dimenticato dei palazzi di Governo. Una posizione di grande disagio e di crisi profonda che di fatto li separa anni luce dalle realtà ben più rosee dei Comuni del resto del Paese.
La mancata attuazione dello Statuto siciliano e l’impossibilità di applicare il federalismo fiscale hanno spinto i primi cittadini della regione a minacciare dimissioni di massa. Se ne parlerà nel corso dell’assemblea che Anci Sicilia ha convocato per sabato 13 novembre.
Tutti i sindaci dell’Isola sono pronti a compiere il passo di protesta, pronti a darne comunicazione ai 9 Prefetti siciliani, considerata l’impossibilità di poter garantire i servizi ai cittadini e ad amministrare i propri territori come nel resto dei Comuni italiani.
«Una crisi di sistema – afferma il vice presidente di Anci Sicilia, Paolo Amenta – che allo stato attuale non permette a ben 250 Comuni siciliani su 391 di approvare i Bilanci di previsione 2021-2023, con almeno oltre un centinaio di essi già in dissesto finanziario. Il banco è ormai saltato e se non si trovano le giuste soluzioni non c’è altra scelta che le dimissioni. Il documento di Parma così come quello di Roma, dove si rimarcava la gravità di questa situazione e le difficoltà nell’approvare i bilanci per 250 su 391 Comuni non ha avuto l’attenzione che richiedeva da parte del Governo. I Comuni siciliani non sono con il cappello in mano a chiedere l’elemosina ma, di fronte ad una crisi di sistema, che va al di là delle questioni gestionali o politiche, sono necessarie riforme e scelte determinate”.
Soluzioni? “Si è chiesta una previsione normativa finalizzata a delegare il Governo all’individuazione di specifiche disposizioni legislative per sostenere i Comuni siciliani in un’azione di rafforzamento della capacità di accertamento e riscossione dei tributi locali, anche attraverso deroghe alle disposizioni vigenti in materia di assunzione di personale. Nelle more, per ciascuno degli esercizi finanziari 2020, 2021, 2022 e 2023, autorizzare i Comuni siciliani all’accantonamento in Bilancio del Fondo Crediti di Dubbia Esigibilità nella misura del 50 per cento. Differendo, altresì, viste le difficoltà sin qui riscontrate, l’approvazione del Bilancio di previsione 2021-2023 al 30 novembre 2021. E al fine di accompagnare il processo di efficientamento della riscossione delle entrate dei Comuni in condizioni di precarietà finanziaria, si è chiesto che la Regione Siciliana possa destinare contributi di natura corrente sulla maggior riscossione delle entrate proprie dell’Ente beneficiario, nel limite complessivo massimo di 300 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021, 2022 e 2023”, mette in fila il vicepresidente di Anci Sicilia.
“Mi auguro che alla fine prevalga il buon senso, evitando che a pagare siano, come sempre, i cittadini, le imprese e i nostri giovani con conseguenti tagli ai servizi, ulteriore aggravio della tassazione e mancato utilizzo dei fondi PNRR per lo sviluppo”. E poi, con una punta di sarcasmo, “apprezziamo lo sforzo della Regione di schierarsi con i Comuni, sarebbe meglio però, allo stesso tempo, che trasferisse loro le somme dovute relativamente al Fondo perequativo e completasse i trasferimenti del Fondo Autonomie Locali per il 2021”.

 

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