La morte di Lele Scieri, le motivazioni della Cassazione: "omicidio volontario, no nonnismo"
Sono state rese note le motivazioni per cui la Cassazione ha deciso, nelle settimane scorse, di affidare il processo per la morte del parà siracusano Lele Scieri al tribunale ordinario di Pisa. La Suprema Corte ha risolto così il nascente conflitto di giurisdizione visto che, sulla stessa vicenda, si stava muovando anche la Procura Militare di Roma.
Per la Cassazione, gli atti di nonnismo “non sono in sé ricollegabili al rapporto gerarchico, così come al servizio o al rispetto della disciplina militare”, pur se avvengono in una caserma. Inoltre, al momento dei fatti che portarono al decesso di Scieri – “non vi era alcun rapporto gerarchico-disciplinare” tra gli indagati e la vittima. La Cassazione chiarisce che “non erano impegnati in attività di servizio e si trovavano in caserma in abiti civili. Pertanto il reato da contestare è l’omicidio volontario, non un reato militare (violenza contro inferiore), e dovrà occuparsene la magistratura ordinaria”. I giudici hanno valutato i fatti “estranei al servizio e alla disciplina militare” per cui non è stato ritenuto fondato che vi fossero i presupposti per il reato contestato dalla procura militare. Di più, la Cassazione fa anzi notare che “vi è piena concordanza nella descrizione delle accuse nelle diverse sedi” e sulla base degli accertamenti medico-legali. Il parà siracusano cadde da un’altezza di 5-10 metri, dalla torre di asciugatura dei paracadute su cui sarebeb stato costretto ad arrampicarsi in condizioni estreme, mentre la sua resistenza veniva fiaccata “tramite violenti colpi, mentre egli saliva, in condizioni di insostenibile stress”.
Tra due giorni, in tribunale a Pisa, nuova udienza dedicata alla posizione del Ministero della Difesa. Indagati per omicidio volontario sono tre ex caporali della Folgore: Alessandro Panella, Luigi Zabara e Andrea Antico. Devono rispondere di favoreggiamento due ex ufficiali: il generale Enrico Celentano e Salvatore Romondia.