Legambiente dura: “Malapolitica si è nutrita in Ias. Si dimetta cda e Regione la chiuda”

Il sequestro del depuratore consortile e delle quote societarie di Ias? Colpa della cattiva politica. Lo sostiene Legambiente, in una lunga e articolata nota.
“Intanto sarebbe più che opportuno che tacessero tutti quei politici che più o meno apertamente mettono in dubbio l’azione della magistratura, sminuiscono l’evidenza dei fatti e paventano drammatiche e definitive chiusure delle aziende del polo industriale. Non sono credibili, di qualunque parte essi siano”, attacca subito l’associazione ambientalista mettendo nel mirino la classe politica locale.
“In parecchi si sono nutriti alla mammella IAS, hanno preteso la poltroncina in CdA per sé stessi o per i loro amici, hanno contrastato chi da lungo tempo denunciava gli scandali. Altri politici, forse sperando in future ricompense, si mostrano difensori d’ufficio degli inquinatori e di chi commette crimini contro l’ambiente. Altri ancora, finora del tutto incapaci di incidere e cambiare le cose, con un attivismo tanto parolaio quanto inutile, ci tengono a far sapere che lo avevano detto”. Da destra a sinistra, chiamati in causa dagli ambientalista sono i protagonisti di almeno vent’anni di vita politica e amministrativa locale.
“Tanti oggi fingono stupore per l’intervento della magistratura e per la gravità dei reati contestati. Ma come definire diversamente da “disastro ambientale”, secondo l’ipotesi di reato della Procura, il sistematico convogliamento di reflui industriali fuori tabella ad un depuratore che non era in grado di trattarli e perciò avrebbe rilasciato in atmosfera circa 77 tonnellate l’anno (tra i quali 13 t/a di cancerogeno benzene) e oltre 2.500 tonnellate nel solo periodo 2016/2020 di idrocarburi finiti a un miglio fuori dalla costa nel golfo di Augusta? Lo stupore è fuori luogo perché da sempre gli addetti ai lavori sanno che questa è la ragione per la quale dallo IAS provengono odori nauseabondi nonostante i tanti soldi spesi per costruire un impianto di captazione dei vapori e deodorizzazione rivelatosi insufficiente e perciò mai attivato. Ancor più fuori luogo sapendo che l’inchiesta No Fly, per la quale, febbraio 2021, sono stati notificati agli indagati gli avvisi di conclusione delle indagini, riguarda proprio questo aspetto e che diverse delle persone fisiche e giuridiche coinvolte sono le stesse di oggi. Argomenti e fatti emersi nel novembre 2019 anche durante la visita della Commissione di Indagine sul traffico dei rifiuti (Ecomafia) ad Augusta e Priolo e l’audizione degli organi di controllo.
Alcuni dicono che la cattiva gestione dello IAS è una storia vecchia ma pochi – insiste Legambiente – si chiedono perché da tanto tempo questo impianto sia gestito così male, tanto da determinare oggi il rischio reale che venga fermato. Il depuratore consortile, frutto delle battaglie sindacali e ambientali, oltre che dell’azione sollecitatrice di un certo pretore Condorelli, è un impianto vitale per l’ambiente e la salute delle persone, costruito con i soldi pubblici, con lo scopo di consentire alle aziende del petrolchimico di depurare i loro reflui, visto che gli stabilimenti erano allora privi di propri adeguati sistemi di depurazione”.
A questo punto, nell’analisi di Legambiente, arrivano i “profittatori e i politici”. Perché? La tesi dell’associazione è riassunta in poche righe: “società pubblica con soci privati che si fanno carico delle spese, presidente e consiglio di amministrazione nominati dai partiti, direttore indicato dai privati, ricchi gettoni di presenza, consulenze milionarie e contratti di utenza per i reflui industriali molto sensibili alle esigenze della parte industriale. Tanto allegra questa gestione che nel 1998 un presidente ‘anomalo’ come Pippo Ansaldi, rende pubblica l’enormità degli sprechi e denuncia le carenze tecniche. Si accorge pure che qualcosa non va e un blitz notturno scoprirà che i reflui troppo pesanti da digerire vengono inviati a riciclo di giorno e scaricati in mare senza alcuna depurazione di notte. Il processo penale che ne seguì, nel quale Legambiente si costituì come parte civile, trasferito da Siracusa ad Augusta per questioni di competenza, finì poco onorevolmente con la prescrizione di tutti i reati contestati. Allora si trattava prevalentemente di reati contravvenzionali oggi, grazie agli ecoreati, si indaga su delitti gravi, con tempi di prescrizione molto lunghi. Dopo questi fatti, benché costato un centinaio di miliardi di lire, non entrerà mai in funzione il nuovo impianto per la produzione di ossido di propilene della Polimeri Europa (Enichem e Union Carbide, poi Dow Chemical) che avrebbe dovuto conferire i propri reflui (pesanti) al consortile. Il presidente che allora denunciò venne subito estromesso, tutti gli altri, come dimostra la vicenda odierna, hanno dormito sogni beati in compagnia dei loro consigli di amministrazione.
Intanto i fanghi, ovvero rifiuti speciali, si accumulavano nelle discariche interne fino ad esaurirle e sovraccaricarle. Un’enormità di denari è stata spesa per trasportare in discariche esterne, al sud come al nord Italia, centinaia di migliaia di tonnellate di fanghi. Inoltre dal 2010 al 2013, con circa 30 spedizioni marittime, sono state esportate via nave dal porto di Augusta fino a Rotterdam oltre 250mila tonnellate di fanghi per svuotare le due discariche interne. Una spesa folle di circa 60 milioni di euro sostenuta dalle aziende del polo. Dopo lo scandalo Mare Rosso, con la definitiva chiusura nel 2005 dell’impianto Cloro-Soda, la produzione di fanghi si è drasticamente ridotta”.
A questo punto, Legambiente si chiede perché gli industriali accettino di sostenere questi costi? E perché, come contesta la Procura, dal 2016 al 2018 il Consiglio di Amministrazione dell’IAS non ha adeguato i contratti d’utenza riducendo i limiti quantitativi e qualitativi dei reflui industriali in ingresso nell’impianto? “Se è questo il modo di pensare e di agire della classe dirigente locale, allora è difficile credere che i fondi del PNRR possano essere impiegati utilmente per la transizione ecologica ed energetica.
Ci auguriamo e ci aspettiamo che anche i comuni soci dello IAS, Priolo e Melilli, siano chiamati a rispondere della loro distrazione, della mancanza di controllo di ciò che da tanto, troppo, tempo avviene a danno dell’ambiente e della collettività”.
Legambiente invita il CdA dello IAS a dimettersi, “per non aver saputo vigilare e amministrare un impianto così importante per la salute dei cittadini”. Di più, per gli ambientalisti la Regione deve chiudere la società IAS spa, per affidare a privati la gestione del depuratore consortile, dietro pagamento di canone. E “l’impianto deve essere assoggettato a procedura AIA”.