Morì per infezione ospedaliera, “non rispettata profilassi di igiene e pulizia”
Riconosciuta la responsabilità civile dell’Asp di Siracusa per la morte del 30enne Danilo Pupillo, avvenuta il 30 novembre 2017 a causa di un’infezione ospedaliera. Il giovane, originario di Rosolini, venne ricoverato il 14 settembre 2017 all’ospedale di Siracusa, nel reparto di Malattie Infettive, con una malattia cardiaca e febbre. Le emocolture, eseguite il 14, 17 e 20 settembre a causa di evidenti segni di infiammazioni, confermarono la positività al batterio Stafilococcus Iugdunensis. L’11 ottobre venne trasferito all’ospedale Papardo di Messina per essere sottoposto a intervento cardiochirurgico. Nella stessa data furono svolte nuove emocolture che risultarono positive alla Klebsiella Pneumoniae e negative per i miceti. Venne comunque operato il 16 ottobre. Una settimana dopo, il 23, le dimissioni. E il 24 nuovo ricovero a Modica per sospetta pericardite, prima nel reparto di cardiochirurgia e poi in quello di Malattie Infettive per la cura dell’infezione da Klebsiella Pneumoniae ancora presente. Infine, il 28 ottobre, Danilo venne trasferito all’ospedale Papardo di Messina dove le sue condizioni si aggravarono ulteriormente e due giorni dopo morì.
La famiglia, assistita da Giesse Risarcimento Danni, gruppo specializzato nella tutela dei familiari delle vittime di malasanità, presentò esposto denuncia.
“I consulenti tecnici d’ufficio non hanno avuto dubbi sul fatto che l’infezione da Klebsiella sia stata contratta all’ospedale di Siracusa in quanto le infezioni nosocomiali possono presentarsi 48 ore dopo il ricovero in ospedale, fino a 3 giorni dopo la dimissione, fino a 30 giorni dopo un’operazione – spiega Ivan Greco, responsabile della sede Giesse a Catania – Danilo è entrato all’ospedale di Siracusa con la sola positività allo Stafilococcus, che è stato correttamente debellato, e ne è uscito con un’infezione da Klebsiella, riscontrata nel secondo ospedale. La conclusione della sentenza, amara per i familiari, è che se i medici si fossero attenuti a una corretta profilassi di igiene e pulizia rigorosa personale avrebbero impedito l’insorgenza dell’infezione”.
“Durante il ricovero – racconta la madre Concetta – Danilo mi fece giurare che, se la situazione si fosse aggravata irrimediabilmente, avrei dovuto cercare di far emergere la verità a tutti i costi. E così ho fatto. Certo, non è stato semplice, soprattutto dal punto di vista umano, ma alla fine ce l’abbiamo fatta. Devo dire che, senza il team di Giesse e dei suoi legali fiduciari, che ci sono stati accanto fin dall’inizio dimostrandosi davvero persone vicino alle persone, non so se avremmo avuto la forza di aspettare 7 anni! Rimane comunque un dolore profondo perché mio figlio aveva una vita davanti a sé. Mi piacerebbe potergli parlare un’ultima volta per rassicurarlo e dirgli che ho mantenuto la promessa: finalmente è emersa la verità!”.