La protesta di Calogero, malato di amianto: mille giorni senza tagliare capelli e barba
Da oltre mille giorni un ex metalmeccanico siracusano non taglia la barba. Sono adesso 25 centimetri di rabbia e protesta silenziosa. La sua storia è quella di tanti operai che pensavano di aver trovato un lavoro dignitoso per mantenere le loro famiglie e invece si sono trovati a combattere contro un mostro. Calogero Vicario, questo il suo nome, adesso ha 61 anni e i bronchi pieni di amianto che respirava nelle Industrie meccaniche siciliane dove ha lavorato per tanto tempo.
Quattro o cinque volte l’anno combatte con brutte bronchiti e ha un deficit respiratorio del 38%. Qualsiasi piccolo sforzo lo affatica moltissimo e deve sempre portare con sé un broncodilatatore. Negli ultimi mesi si è sottoposto a una Tac che ha, purtroppo, portato alla luce diversi noduli, ed è quindi sotto stretta sorveglianza sanitaria. Ricorda sempre che almeno 20 suoi colleghi sono venuti a mancare in questi anni a causa dell’amianto. Così come in tutte le fabbriche in cui veniva usato il minerale killer.
A fine mese l’appuntamento decisivo in un’aula di Giustizia. Il 28 aprile, curiosamente giornata mondiale della malattie da amianto, prevista l’udienza in Cassazione. Insieme ad altri 9 colleghi, Calogero Vicario si era visti riconosciuti i benefici amianto e quindi il prepensionamento. Diritti poi negati in Appello. Ora la loro battaglia è in mano ai giudici ermellini che decideranno sulle loro vite. “Quel giorno voglio esserci fisicamente. Mi andrò a sedere davanti la Cassazione. Voglio portare ancora una volta la mia testimonianza e lo farò insieme a mia figlia. Non ci aspettiamo nulla di particolare, anche perché moralmente mi sento di avere già vinto”, dice da Priolo, la sua città. “Siamo riusciti, anche grazie all’avvocato Ezio Bonanni, presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto, e all’onorevole Pippo Gianni, ex sindaco di Priolo Gargallo, a scoperchiare il vaso di Pandora. Nessuno prima del 2009 in Sicilia parlava di amianto. Ora ci affidiamo alla Suprema Corte, per capire se è giusto che per un cavillo dobbiamo essere trattati come delinquenti, perché è di questo che si tratta. L’Inps ci ha anche chiesto indietro il denaro che ci ha concesso dopo la sentenza di primo grado, che avevamo vinto. Negli anni abbiamo ammortizzato la spesa, ma abbiamo pagato sulla nostra pelle questa ingiustizia. E con noi le nostre famiglie. Mi è costata anche la protesta che si è concretizzata con il mancato taglio di barba e capelli. È stato difficile, anche a livello psicologico. Eppure ho sempre pensato di essere nel giusto e che non dovevo assolutamente mollare”.
Le patologie asbesto correlate sono gravissime e possono manifestarsi anche 30 o 40 anni dopo l’esposizione. Per questo l’Ona continua a lottare per i diritti delle vittime e delle loro famiglie. Si può richiedere assistenza online o al numero verde gratuito 800 034 294.