Porto di Siracusa, la banchina 2 manca all’appello. Il tema: aderire all’Autorità Portuale

Dopo l’incidente in porto Grande di sabato scorso, c’è forte la necessità di porre una domanda: perchè la banchina destinata alle navi di grosse dimensioni (la numero 2) non è ancora entrata in servizio? Il percorso di riqualificazione del porto siracusano iniziò nel 2006 ma solo una decina d’anni dopo – e varie traversie – ha visto la luce “operativa”. Tranne la banchina di testa, la più grande e meglio attrezzata per accogliere anche contemporaneamente anche più grandi navi.
Nelle settimane scorse sono stati effettuati dei rilievi tecnici subacquei che hanno escluso problemi nella struttura. Il pescaggio, però, non è ancora quello richiesto. Bisogna dragare i fondali, spostare il materiale di risulta diversi metri al largo e mettere in funzione finalmente quel pezzo di porto Grande. In un’area Sin come il porto Grande, burocraticamente non è la più facile delle operazioni. Semmai il problema principale è quello delle competenze: chi deve fare cosa? E qui il problema diventa politico, come ha sottolineato in Consiglio comunale il capogruppo Pd Massimo Milazzo.
“Il problema . spiega – risiede nel fatto che oggi il gettito delle tasse di ancoraggio e delle tasse portuali pagate dalle navi che fanno scalo a Santa Panagia e nel porto Grande finisce nelle casse della Regione Siciliana (il 50% della tassa di ancoraggio) e nelle casse dello Stato (il 50% della tassa di ancoraggio ed il 100% della tassa portuale); mentre se Siracusa aderisse all’Autorità Portuale di Sistema della Sicilia Orientale, il gettito di queste tasse (superiore a 10 milioni di euro all’anno) rimarrebbe per intero alla medesima autorità con la possibilità di reinvestirlo in infrastrutture portuali”. Ad oggi, i porti del capoluogo non rientrano nell’area di azione dell’Autorità Portuale di Augusta, Catania e Pozzallo che gestisce investimenti e politiche di crescita di quegli scali. Ci fu un tentativo negli anni scorsi, con l’ex deputato Paolo Ficara (M5S). Il no secco del presidente della Regione – era Musumeci – stoppò però il tutto. Il parere della Regione è vincolante in materia. E Palermo non vuole rinunciare a quegli introiti che il porto rifugio e il porto Grande forniscono ogni anno.
“Il paradosso – prosegue Milazzo – è che con il gettito delle tasse di un solo anno, Siracusa potrebbe vedere realizzate opere che aspetta da tempo quali: il dragaggio dei fondali avanti la banchina numero 2, l’elettrificazione di tutte le banchine, la costruzione di una moderna stazione marittima con un terminal accogliente e funzionale dove dare ospitalità ai passeggeri interessati alle operazioni di imbarco e sbarco.
Il problema politico del rapporto con l’Autorità di Sistema Portuale del Mare di Sicilia Orientale nasce anche dalla considerazione che l’Autorità comprende già i porti di Augusta (ove ha sede), di Catania e di Pozzallo e quindi stringe come in una tenaglia Siracusa: tenaglia in cui il rapporto di forza economica è impari e che rischia di pregiudicare lo sviluppo del porto grande a vantaggio esclusivo dei porti di Catania e di Pozzallo, i quali riceveranno, secondo quanto di recente dichiarato dalla stessa Autorità di Sistema Portuale, importanti investimenti al fine di potenziarli come scali crocieristici.
Per il Pd siracusano, il Comune di Siracusa deve “superare vecchie e anacronistiche logiche campanilistiche” e gestire con intelligenza e con autorevolezza l’ingresso nell’Autorità di Sistema Portuale del Mare di Sicilia Orientale per “scongiurare il rischio di decisioni calate dall’alto”.
Il vicesindaco di Siracusa, Edy Bandiera, apre alla proposta e si dice favorevole all’ingresso dei porti del capoluogo nel perimetro dell’AdSp della Sicilia Orientale. L’ex sindaco Giancarlo Garozzo (Italia Viva), che inaugurò le prime banchine del porto riqualificato, mette però in guardia: “Siracusa deve essere protagonista e l’eventuale ingresso nell’Autorità Portuale deve coincidere con una presenza competente e autorevole nel cda. Altrimenti, si passerebbe semplicemente da un vassallaggio verso la Regione ad un vassallaggio verso l’Autorità Portuale”.
Tocca al Consiglio comunale avviare l’iter, magari con il coinvolgimento della deputazione regionale e nazionale. Anche il sindaco, su mandato pieno del civico consesso, potrebbe aprire canali di dialogo con la Regione per preparare il terreno a quello che appare oggi scelta di buon senso e prospettiva.