Pronto soccorso, audio sui social: solidarietà dell’Ordine dei Medici alla dottoressa coinvolta

 Pronto soccorso, audio sui social: solidarietà dell’Ordine dei Medici alla dottoressa coinvolta

Solidarietà dell’Ordine dei Medici alla dottoressa del Pronto Soccorso di Siracusa individuata come l’autrice delle dichiarazioni contenute in un video ormai virale sui social. Il presidente dell’Ordine, Anselmo Madeddu premette che la collega, “in un contesto lavorativo difficile come quello in cui operano lei e altri colleghi, continua a fare il suo dovere con abnegazione e ai limiti della resistenza psico-fisica. Questi colleghi, divenuti loro malgrado “eroi della quotidianità”, lungi dall’essere colpevolizzati- dice Madeddu- vanno semmai elogiati e ringraziati perché è grazie a loro che in Italia, e non solo a Siracusa, si riesce ancora a mantenere aperti i Pronto Soccorsi. Fino a quando esisterà l’Ordine dei Medici- afferma il presidente – questo tutelerà i colleghi che fanno in pieno il loro dovere e tutelerà primariamente il diritto alla salute dei cittadini”. Alla premessa, Madeddu fa seguire considerazioni che entrano maggiormente nel merito. “Il sindaco, ovviamente, non c’entra nulla-puntualizza- così come non c’entrano nulla neanche la direzione aziendale dell’ASP e l’Assessorato. E, consentiteci, non c’entrano nulla nemmeno i medici di famiglia. Se nei Pronto Soccorsi non si riesce più a fronteggiare la domanda non è colpa dei medici del territorio, ma del fatto che dovrebbero esserci 25 medici e ce ne sono 9. Il problema è ben più ampio ed è nazionale”. Il presidente dei Medici parla, dunque, dei concorsi banditi per reclutare nuovi medici nei Pronto Soccorso, deserti perché “non si trovano medici disposti a lavorare in aree critiche della Sanità”. La prima azione urgente- prosegue Madeddu- è quella di riadeguare immediatamente i numeri chiusi nelle Università e nelle Scuole di Specializzazione alla nuova e reale domanda del territorio. Non è possibile continuare a importare medici da paesi esteri, con le difficoltà di comprensione della lingua, sol perché in Italia non si è corretto questo grave difetto di programmazione dei fabbisogni”.
“Ma ancora più inquietante – continua – è un altro fenomeno: perché oggi nessuno vuole andare a lavorare in un Pronto Soccorso? La risposta è molto semplice. Oggi in Italia i medici dei pronto soccorsi, sottopagati e stremati dai turni massacranti, vengono insultati, aggrediti fisicamente, picchiati e aggrediti anche giudiziariamente con cause temerarie che nel 97% dei casi, dopo dieci anni, terminano con l’accertamento dell’innocenza del medico, ma che nel frattempo gli hanno rubato anni di serenità e spesso di vita. Non c’è dubbio che la gran parte delle aggressioni ai camici bianchi derivano da un evidente disagio dei pazienti, spesso sottoposti a lunghe attese, ed anche alla carenza di informazioni. Ma questi aspetti sono strettamente legati proprio all’altra faccia della medaglia, ovvero l’altrettanto grave disagio del personale medico e infermieristico, ormai stremato dalle croniche carenze di organico. La vera domanda, dunque è: ma chi è disposto oggi in Italia ad andare a lavorare in un posto dove non sai nemmeno se la sera potrai tornare a casa incolume. Di recente una collega di Pisa è stata uccisa sul luogo di lavoro. La verità è che ci vuole più tutela per i camici bianchi, a cominciare dalla legge per la procedibilità d’ufficio nei confronti di chi aggredisce un medico. Ed infine occorre incidere di più sulla cultura e sul senso civico, perché il medico esiste in funzione di curare gli altri e ci si dimentica che in fondo chi aggredisce un medico aggredisce se stesso.
L’appello finale, dunque, è alla Politica: ci si impegni, senza altro indugio, a emanare norme che ridiano nuovamente dignità al lavoro dei medici nei pronto soccorsi e in tutta le aree critiche, prima che il più bel Servizio Sanitario Pubblico del Mondo, come quello italiano, diventi soltanto un lontano ricordo”.

 

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