Quando il “nuovo” ospedale di Siracusa era l’Umberto I. Correva l’anno 1953

 Quando il “nuovo” ospedale di Siracusa era l’Umberto I. Correva l’anno 1953

Per sottolineare una volta di più quanto sia necessario un nuovo ospedale per la provincia di Siracusa, basta un numero: 71. Tanti sono gli anni dell’Umberto I, l’attuale nosocomio del capoluogo. Entrò in servizio nel lontano 1953. Per una curiosa coincidenza storica, lo stesso anno della lacrimazione della Madonna a Siracusa. “Ma il progetto risale al 1936, firmato dall’ingegnere siracusano Giuseppe Bonajuto”, ricorda oggi l’architetto Federico Fazio. “Diverse traversie legate in particolare al conflitto bellico, ne rimandarono la costruzione agli anni 50”.
Quell’ospedale fu il frutto di una sanità lontana dagli standard attuali di edilizia del settore. E sebbene rivisto e ampliato negli anni 70 è comunque rimasto – strutturalmente e per concezione – “roba” del secolo scorso. Va da sè che si tratta di uno degli ospedali più “anziani”, considerando gli altri capoluoghi siciliani. “Era comunque stato concepito come un ospedale moderno, per l’epoca. Il ricorso al monoblocco, ad esempio, era di ispirazione nordeuropea”, spiega ancora Fazio. “Monoblocco significa che tutti i reparti, divisi per uomini e donne, stavano dentro allo stesso edificio. Fino ad allora, invece, vigeva una concezione quasi ottocentesca della sanità, con reparti separati, in aree separate”.
Il nome “Umberto I” risale al 1941 ed all’ex Cinque Piaghe che all’epoca era l’unico ospedale della città. Nel 1953 il nosocomio di Ortigia, non più adatto alle esigenze cittadine, cessò di esistere e venne realizzato (“dopo una grande attesa”) il primo monoblocco del “nuovo” Umberto I, nell’attuale area di corso Gelone. Nel 1971 e nel 1977 vennero realizzati degli ampliamenti con il secondo e il terzo monoblocco.
All’epoca della sua realizzazione, il “nuovo” Umberto I venne considerato la risposta a tutte le preghiere e la soluzione a tutti i guasti di un’assistenza sanitaria che sino ad allora non aveva particolarmente brillato, per usare un eufemismo. “La sua costruzione è avvenuta in quella che oggi considereremmo un’area archeologica altamente vincolata. Nonostante nel 1939 esistesse già una legge sulle bellezze archeologiche, l’aspetto della tutela non fu dei migliori. Lì venne trovata la Venere Landolina e chissà cos’altro durante i lavori per le fondazioni, profonde da tre a sei metri. L’area era storicamente sede di un’antica necropoli e di un abitato di epoca ellenistica. Diversi intellettuali dell’epoca, tra cui Mario Tommaso Gargallo e Luigi Mauceri, proposero la costruzione dell’ospedale in un’altra area. Ma dal Ministero non diedero corso a quella richiesta”, ripercorre l’architetto Fazio.
Come conferma la lettura delle fonti dell’epoca, quel presidio fu il risultato di una lunga battaglia.
E oggi come allora, si battaglia per una struttura moderna, funzionale, adatta alle esigenze della medicina moderna e dei pazienti.

 

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