“Si può scambiare una polmonite con un tumore?”, lettera-denuncia sulla sanità siracusana

“Si può scambiare una polmonite con un tumore? Si può lasciare per sei giorni una donna anziana al Pronto Soccorso da sola, senza assistenza alcuna della famiglia? Può questa situazione complicarsi addirittura con la frattura del femore destro?”. Salvatore è il figlio della donna ultrasettantenne al centro di un caso di presunta malasanità a Siracusa.
E’ vero, mancano i medici ed il problema è nazionale. Ma basta il contesto a giustificare l’accaduto? Salvatore se lo domanda da ore. Ripete, quasi ossessivo, le sue domande. “Si può scambiare una polmonite con un tumore?”. Non trovando risposte o interlocuzioni, ha preso carta e penna e scritto una lunga lettera al presidente della Regione, ai vertici della sanità regionale ed alla Prefettura. A chiunque, insomma, potrebbe per ruolo e posizione di tutela della salute pubblica dire o fare qualcosa.
Ripercorriamo l’accaduto. Tutto inizia venerdì 19 gennaio, alle 18 circa. “Mia madre, 78 anni, giungeva in ambulanza al Pronto Soccorso dell’Ospedale Umberto I di Siracusa, a seguito di evidenti difficoltà respiratorie. La prima diagnosi era quella di polmonite. Mia mamma veniva posta su un lettino-barella nel corridoio del Pronto Soccorso. Le veniva somministrato l’ossigeno e le cure necessarie, secondo i medici, per la polmonite che l’affliggeva”. A nessuno dei familiari, in questo frangente, viene permesso di stare con l’anziana. “Solo il tempo di darle dell’acqua e beni necessari”, dice a proposito Salvatore. Eppure, per gli ultrasettantenni dovrebbe essere garantita la presenza costante di un familiare-caregiver.
“Ci informavano che non c’erano posti letto e che, nell’attesa, mia madre doveva rimanere sul lettino-barella, nel corridoio del Pronto Soccorso. La situazione ci è apparsa in stallo, con sporadici aggiornamenti. Dopo cinque giorni, lo scorso mercoledi mattina una fredda telefonata ci informava della sopraggiunta rottura del femore per una caduta durante la notte, senza saperci specificare altro”. Salvatore fa una pausa. Con la mente torna a quei momenti. “Mia moglie è andata in ospedale per comprendere l’accaduto, avere spiegazioni. Solo allora la trovava in una stanza del Pronto Soccorso, in un letto ospedaliero, e con le sbarre al lati. Solo dopo la caduta di una donna
ultrasettantenne, lasciata a sè stessa e senza l’assistenza”, sbotta trattenendo a fatica la rabbia.
“Col femore rotto e una diagnosi iniziale di polmonite rimaneva ancora in Pronto Soccorso. Dopo sei giorni ed in piena emergenza, ancora niente sistemazione in reparto. Solo giovedì mattina – continua il figlio della donna – dopo 6 giorni al Pronto Soccorso, durante il colloquio medico delle 13.45, mia moglie veniva informata dal medico che la diagnosi di polmonite non era corretta ma che si trattava di lesione tumorale polmonare. Come si confonde un tumore con una polmonite, mi chiedo…”.
Ieri dopo che la notizia finisce su tutti i media, “mia madre è stata finalmente ricoverata in Ortopedia per essere operata, forse, il prossimo lunedì 29 Gennaio o, addirittura, martedì 30, vale a dire ben sette giorni dopo la frattura del femore. Il management dell’Asp di Siracusa non fa altro che dire che in Ospedale è tutto sotto controllo. E se questo è il vero significato di avere tutto sotto controllo, c’è da chiedersi molte, moltissime cose”.
Nella lettera inviata al presidente Schifani ed all’assessore Volo, oltre che a Prefetto e sindaco di Siracusa, Salvatore allunga la lista delle domande: “si possono aspettare ore, o giorni, per avere i risultati di un referto, necessario al Pronto Soccorso per comprendere la situazione medica dei pazienti? E’ dignitoso vedere file di lettini-barella, affiancati nei corridoi, senza rispetto alcuno per la dignità e la privacy dei malati? E’ etico, e legale, far permanere una paziente per sei giorni in Pronto Soccorso, con una diagnosi palesemente errata, somministrandole cure sbagliate e causandole indirettamente una complicanza come la rottura del femore? Sono questi gli interrogativi che rivolgo ad ognuno di Voi perché si possa intervenire e far cessare questo malcostume intollerabile della sanità siracusana. Dov’è la Regione? Dov’è lo Stato quando si tratta di poveri cittadini?”.