Siracusa. Al Pronto Soccorso come in una casbah: niente privacy, attese e "pericoli"
“I controlli e le ispezioni dovrebbero farle in giorni così, non la notte quando tutto è tranquillo…”. Si lascia andare ad uno sfogo amaro uno o una (per tutelarne la privacy, ndr) degli uomini e delle donne in servizio al Pronto Soccorso dell’Umberto I di Siracusa. Nel week end di ferragosto sono ore di super lavoro e nonostante gli sforzi professionali ed umani di medici, paramedici, infermieri e impiegati emergono senza pietà i limiti organizzativi di un reparto dove l’emergenza è pane quotidiano.
In ore di attesa, si raccolgono decine e decine di segnalazioni. A partire dall’assenza di privacy in accettazione, una stanza dove tutti possono ascoltare i problemi di salute – di qualunque natura – di chiunque abbia necessità di ricorrere alle cure del pronto soccorso. Prima di entrare in reparto, si aspetta. Lo si fa all’impiedi, chi può – chi sta male – trova posto in una delle mai sufficienti sedie. Alcune sono in condizioni pessime e rischiano di rivelarsi pericolose. Lo si vede nella foto d’apertura dell’articolo, con una sedia ormai staccata dai supporti in primo piano ed accanto un anziano, con i cerotti di una flebo che però non c’è.
C’è la storia di una turista inglese che mostra a tutti delle macchie sul braccio senza che nessuno riesca a capirla. C’è la storia della ragazzina “costretta” a due prelievi di sangue perchè, come spiega cortesemente un addetto, quasi mortificato, “la prima fialetta è stata persa”. C’è un signore a cui i parenti da casa portano una sdraio e un cuscino perchè “non ci sono barelle”.
I due medici di turno lavorano al meglio delle loro possibilità, assistiti da circa quattro infermieri. Alle volte provano a parlare al telefono con reparti che difficilmente rispondono al primo tentativo. Non si scompongono, restano calmi e raccolgono la rabbia di decine di utenti frustrati. Non sono certo loro il problema del Pronto Soccorso di Siracusa. Che forse meriterebbe nuova attenzione e una perfezionata organizzazione.