Siracusa. Covid-19: "Noi senza tutela, aspettiamo solo di prendere il virus", lo sfogo di un'infermiera dell'Umberto I
“Per noi, nessuna tutela; in ospedale, percorsi condivisi, senza alcuna distinzione tra “sporchi” – come si dice in gergo- e “puliti”; dispositivi di sicurezza inadeguati, oltre che insufficienti e un’attenzione nei confronti degli operatori sanitari carente. Aspettiamo solo di beccarci il virus e tentiamo come possiamo di proteggere le nostre famiglie”. Lo sfogo è quello di un’infermiera dell’Umberto I -di cui non citiamo il nome per tutelarne la privacy – ma le sue parole sono esattamente coincidenti con quelle di tanti altri colleghi. Si ritrova, come tutti gli altri operatori della sanità locale, a gestire l’emergenza Coronavirus in prima linea ma senza tutele, o quasi. Ai problemi nazionali e regionali, qui sembra si aggiungano dinamiche che complicano ancor di più il quadro. “Circolari che vietavano l’utilizzo di mascherine per non preoccupare i pazienti- cita l’operatrice- si sono susseguite, lasciando infine spazio ad una sorta di protocollo per l’utilizzo dei dispositivi, che indica che alcune manovre vanno effettuate con il solo utilizzo di mascherina chirurgica, quando è ben noto che, in caso di contatto diretto, la sola mascherina non può affatto proteggerci dal contagio”. Che la disponibilità di Dpi sia esigua è fatto purtroppo non nuovo. In diverse occasioni anche il presidente della Regione, Nello Musumeci ha chiaramente espresso la propria ira per la mancanza di materiale adeguato dal punto di vista quantitativo e qualitativo. “Quello che dispiace di più- lo sfogo dell’infermiera- è che sembra quasi ci sia il tentativo di convincerci che la situazione sia sotto controllo , che vada bene così, che l’utilizzo di certi dispositivi non sia indispensabile, quando è fin troppo evidente che invece lo è, anzi, lo sarebbe, eccome. La paura prende il sopravvento, anche in chi, come noi, ha la capacità, per mestiere e per esperienza, di mantenere la lucidità, di separare nettamente l’aspetto emotivo da quello professionale. Altra cosa è sentirsi quasi “immolati””. Perché sotto quei camici ci sono persone, che sanno di essere a rischio e che le conseguenze di quel rischio le conoscono, perché le vedono ogni giorno e le contrastano con quello che c’è a disposizione. “Chi lavora in ospedale, ovviamente ha contatti anche fuori dal proprio reparto e ha il diritto di sapere se subentrano casi di contagio- sbotta l’infermiera siracusana- Siamo venuti a conoscenza dei positivi tra il personale medico soltanto attraverso la stampa. Questo non è giusto e mette a repentaglio, non solo noi e le nostre famiglie, ma tutti i pazienti e i colleghi con cui si continua, non sapendo di non potere, a venire in contatto”. La creazione di percorsi distinti sarebbe fondamentale. Eppure, secondo quanto lamenta la sanitaria, non sarebbe ancora stata organizzata a dovere all’interno dell’ospedale Umberto I di Siracusa. “Molti di noi hanno deciso di tenere le famiglie lontane, per proteggerle- conclude – Noi lo sappiamo che siamo esposti e, vista l’assenza di misure adeguate – sappiamo anche che quel virus lo prenderemo e che non abbiamo modo di proteggerci. Confidiamo solo nella fortuna”.