Siracusa. Il sequestro dell'impianto di contrada Fusco, Legambiente: "basta scarico in mare, il porto muore"

Legambiente aveva più volte segnalato e monitorato la presenza di un inquinamento (“forte”) alla foce del canale Grimaldi. Il monitoraggio di Goletta Verde, fino a luglio dello scorso anno, ha registrato livelli anomali alla foce di quello che per circa trent’anni è stato utilizzato come scarico di emergenza.
“Non sappiamo ancora se gli sversamenti accertati siano stati determinati da un problema gestionale dell’impianto di depurazione della città o se piuttosto siano riconducibili a comportamenti preordinati a smaltire illegalmente i reflui civili non trattati dal ciclo della depurazione. Questo lo accerterà l’indagine in corso. In ogni caso ci troviamo davanti a un fatto gravissimo”, recita la nota dell’associazione ambientalista.
La gente, per nulla sorpresa, ricorda di quello strano colore marroncino di cui si colorava l’acqua della playa, non balneabile. “Altro che fenomeni algali”, commenta qualcuno. E tornano alla mente quelle immagine registrate cinque anni fa dal consigliere comunale Gaetano Bottaro da cui sarebbero partite le attuali indagini.
Di fronte ai dati registrati, e prima del sequestro dell’impianto di contrada Fusco, Legambiente si era rivolta all’ente gestore dell’impianto, al Comune di Siracusa e agli organi pubblici di controllo per chiedere da cosa dipendesse lo stato di inquinamento registrato. “Deve esser posto termine allo scarico all’interno del Porto Grande di Siracusa dei reflui, depurati o meno, provenienti dal depuratore cittadino. L’impatto ambientale di circa 10.000.000 metri cubi di acque reflue su un ecosistema quasi chiuso come il porto è molto elevato: il notevole apporto di sostanze nutritive determina un processo di vera e propria eutrofizzazione, con la formazione di alghe e il deposito sul fondo di fanghi. Di questo passo, lo abbiamo denunciato, il porto muore”, l’accusa di Legambiente.
Nel marzo 2012 l’impianto di depurazione cittadino fu sequestrato dalla magistratura a seguito di indagini che riguardavano la gestione dei fanghi prodotti dal ciclo di depurazione. Il procedimento penale che ne è seguito, a carico di di funzionari e dirigenti dell’allora ente gestore Sai 8, nel quale Legambiente si è costituita parte civile, a breve dovrebbe essere definito nella fase di primo grado.