Siracusa. La morte di Lele Scieri, 15 anni dopo. Lettera al presidente Napolitano
Ancora una volta Siracusa chiede verità e giustizia sulla vicenda di Lele Scieri. Il Consiglio comunale, con decisione unanime, ha fatto propria la lettera del giornalista Aldo Mantineo da indirizzare al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, nella qualità di comandante delle Forze Armate e di presidente del Consiglio Superiore della Magistratura. Sarà adesso il presidente del Consiglio, Leone Sullo, ad inoltrarla direttamente al Quirinale.
Sono trascorsi quindici anni dalla morte del parà siracusano, avvenuta in circostanze rimaste misteriose all’interno della caserma Gamerra di Pisa. Qualche mese addietro, il Consiglio aveva chiesto ufficialmente l’istituzione di una Commissione parlamentare d’inchiesta perché venisse fattapiena luce su questa drammatica vicenda.
Questo il testo completo della lettera:
Ill.mo Presidente,
quindici anni fa, il 16 agosto 1999, un giovane avvocato siracusano, Emanuele “Lele” Scieri, venne trovato cadavere ai piedi della torretta dell’asciugatoio dei paracadute all’interno della caserma “Gamerra” di Pisa. In quella caserma Lele era arrivato appena tre giorni prima, il 13 agosto, dopo aver concluso il periodo di addestramento, ma di lui si persero le tracce già poche ore dopo il suo arrivo. Una “scomparsa” inspiegabile ma, soprattutto, decisamente più inspiegabile è che per tre giorni di quella sparizione nessuna notizia sia stata data ai familiari in quel momento nella loro casetta dove sono soliti trascorrere il periodo estivo a Lido di Noto, in provincia di Siracusa.
Per questa vicenda ancora oggi, a distanza ormai di quindici anni e dopo che i diversi procedimenti giudiziari avviati in sede penale, civile e davanti alla giustizia militare (in quest’ultimo caso per una vicenda “collaterale”) sono tutti finiti con un nulla di fatto, si attendono verità e giustizia.
Quella di Lele è una vicenda che quando venne alla luce, nell’estate del 1999, monopolizzò a lungo l’attenzione del sistema nazionale dei media. Una vicenda che in qualche modo incise anche sul cammino intrapreso dal Paese per ridisegnare il volto delle stesse Forze Armate: la tragica morte di Lele e, soprattutto, il mistero che la circondò (ombre ancora non diradate) , diede la definitiva spallata all’obbligatorietà del servizio di leva. Ma quella vicenda portò anche alla luce quel malinteso senso – almeno per alcuni – dell’onore delle Forze Armate: le pagine dello “Zibaldone” che in quella circostanza vennero alla luce sono ancora oggi una ferita non rimarginata, nonostante i tentativi di accreditare quello “stupidario”, pieno zeppo per altro di luoghi comuni antimeridionalisti, solo come un divertissement destinato alle truppe. Truppe che, ma qualcuno sembrò dimenticarlo in quella circostanza, è fatta di persone, di uomini, di ragazzi.
A distanza di quindici anni a Siracusa c’è una famiglia che non vuole e non può darsi pace davanti alla resa dichiarata dallo Stato che non è stato in grado di riuscire a fare pienamente luce sul perchè di quella morte – che inizialmente si era tentato di liquidare come un suicidio aggiungendo così dolore a dolore -, sulle circostanze nelle quali è maturata, su eventuali responsabilità, su quelle interminabili settantadue ore di ingiustificato ritardo con il quale il corpo di Lele venne ritrovato. E tutto questo è avvenuto non in una desolata campagna ma in una caserma, in quello cioè che è uno dei “pezzi” naturalmente più presidiati e sorvegliati del territorio nazionale.
Ill.mo Presidente,
qui non c’è solo una famiglia che attende da quindici anni verità e giustizia. Qui c’è un’intera comunità che non intende chinare il capo, che non accetta che la morte di Lele possa diventare un’altra pagina di quel purtroppo voluminoso libro dei misteri italiani.
Già nei mesi scorsi il consiglio comunale di Siracusa ha votato un documento con il quale sostiene la richiesta di costituzione di una commissione parlamentare di inchiesta sulla morte di Lele.
Oggi con questa lettera, che Le viene indirizzata nella sua qualità al tempo stesso di comandante delle Forze Armate Italiane e di Presidente del Consiglio superiore della Magistratura, Le chiediamo di attivare ogni azione utile perchè sulla morte di Lele Scieri non gravi ancora un solo giorno di più la coltre dell’oblio. Lo si deve a Lele, alla sua memoria, alla sua famiglia, alla tenacia del papà Corrado che ha chiuso gli occhi portando via il desiderio, insoddisfatto, di avere verità e giustizia per la morte dell’adorato figlio, alla caparbia volontà di mamma Isabella che con Francesco, il fratello di Lele, coltiva con incrollabile fiducia la speranza di “sapere”.