Siracusa. L'odissea dei tamponi di fine quarantena, attesa di una chiamata che non arriva
La quarantena volontaria sta diventando infinita per molti di quei siracusani rientrati dal nord. Come prescritto dalle norme, una volta tornati in Sicilia dal Settentrione, si sono registrati, hanno segnalato il loro domicilio ed osservato scrupolosamente i 14 giorni di isolamento. Ma per poter lasciare la quarantena, come da ordinanza regionale, devono prima essere sottoposti a tampone.
Tra ritardi vari, in molti sono ormai arrivati persino a 20 giorni di isolamento. Si affidano via whatsapp all’ironia: “se non ci uccide il coronavirus, ci uccide la solitudine”. Contattati dalla nostra redazione attraverso i social, molti raccontano di essere in buona salute. Di non avere o non aver mai avuto per tutto il periodo sintomi. Vorrebbero tornare a casa, dalle loro famiglie. Qualcuno ha anche ricevuto offerte di lavoro dall’estero e rischia di perderle perchè non può ancora uscire da casa. Una odissea autentica in pieno isolamento sociale.
Come Antonio ed i suoi fratelli. Rientrati tutti e tre dalla Lombardia, dal 16 marzo sono in isolamento volontario. Doveva concludersi il 30 marzo, ma Antonio ed uno dei suoi fratelli sono ancora in attesa di notizie circa la data di effettuazione del loro tampone. Il terzo fratello è stato fortunato: “è stato chiamato e ieri alle 15 ha fatto il tampone. Però gli hanno detto che deve stare in isolamento fino a quando non arriva risultato. E ovviamente non si quando arriva questo benedetto risultato”.
C’è poi la storia di Pino. Anche lui ormai da 20 giorni in quarantena. La moglie lascia la spesa davanti alla porta e va via. Un saluto a distanza, dalla finestra, con guanti e mascherina. “Aspetto ancora un contatto o almeno una risposta ai miei quesiti. Ma niente di niente. Lo scorso 4 aprile ho ricevuto una telefonata. Speravo fosse quella dell’Asp ed invece era la Protezione Civile che mi chiedeva se tornavo a lavoro. Ma dico io, prendete in giro? Sono chiuso in casa che aspetto questo tampone e mi chiedete se vado a lavorare? Non ho parole”, si sfoga.
C’è rabbia anche nelle parole di Salvo. “Un mio parente ha finito la quarantena e ancora aspetta il tampone. Intanto il suo datore di lavoro gli ha detto che deve partire per l’Olanda. E se rifiuta rischia quasi, quasi il licenziamento”. Hanno chiamato, anche i parenti, il numero messo a disposizione dall’Asp. “Ma ci hanno risposto che loro sono un call center e non sanno cosa rispondere. Abbiamo parlato con il medico di famiglia e ci ha rimandato all’Asp per questo aspetto. Possibile che nessuno si preoccupi di queste cose?”.
Le sollecitazioni aumentano. Sotto il peso delle migliaia di rientri dal nord, il sistema è andato purtroppo in sofferenza. Ed è lo stesso sindaco di Siracusa, Francesco Italia, ad intervenire. “Mi sono fatto portavoce presso i responsabili dell’Asp di Siracusa di questa problematica. Mi è stato riferito che in giornata arriveranno alcuni esiti e nei prossimi giorni arriveranno anche le altre risposte. Si devono accelerare i tempi e, soprattutto, va instaurato un rapporto diretto e costante con i cittadini, a partire da una verifica costante del corretto funzionamento della linea telefonica dedicata. Abbiamo il dovere di limitare al massimo l’esistenza di tali criticità”.