Siracusa mette in fuga gli investitori? Nuovo caso: l’impianto waste to methanol che non si farà

Partiamo da un principio riconosciuto universalmente: una grande azienda industriale vede negli investimenti il suo futuro. Ma se le nuove realizzazioni – ovvero gli investimenti – diventano sempre più complesse, giocoforza la società smobilita e sposta la produzione dove le condizioni, a torto o a ragione, sono più favorevoli. Fare finta che il mondo non segua un simile assunto, significa piazzarsi ai margini di ogni discorso già in partenza.
Localizziamo: polo petrolchimico di Siracusa. Ricordate il rigassificatore che avrebbe dovuto produrre metano? Col senno di poi, una produzione che in piena crisi energica e caro materie prima sarebbe probabilmente tornato utile. Ma mettendo da parte questo aspetto, dopo la paradossale chiusura di quella vicenda (per 7 anni bloccata dalla politica, ndr) il gruppo Erg – che aveva pronto un investimento da 900 milioni dopo aver anche ammodernato gli impianti di raffinazione – decise di andare via. E lo fece.
La paura oggi è che possa ancora ripetersi quel copione. L’impianto che non sarà realizzato è un Waste to Methanol (rifiuti trasformati in metanolo) che avrebbe potuto accogliere ogni anno circa 400 mila tonnellate di rifiuti urbani e 200 mila tonnellate di plastiche non riciclabili. Attraverso un intervento di economia circolare, i rifiuti indifferenziati sarebbero stati chimicamente smaltiti e trasformati in metanolo (combustile a basso contenuto di carbonio) e non semplicemente distrutti con la termoutilizzazione. I Comuni del siracusano avrebbero potuto conferire le loro frazioni in quell’impianto, risolvendo problemi esistenti con le discariche sature e risparmiando alla voce trasporto in discarica. Con vantaggio diretto per i cittadini sulla bolletta Tari.
A proporre quella realizzazione è stata Isab/Lukoil che aveva già individuato un’area di sua proprietà nell’esteso stabilimento alle porte di Siracusa, diviso in Nord e Sud. L’occasione buona sembrava essere la manifestazione di interesse per la costruzione di termoutilizzatori in Sicilia. A pochi giorni dalla scadenza, però, la società ha deciso di non partecipare più a quella procedura pubblica, rinunciando ad un progetto al 70% già finanziato con fondi propri.
Due i motivi. Il principale riguarda la sostenibilità dell’investimento, senza finanziamenti pubblici tramite Ue o Pnrr. Il riciclo chimico ha, infatti, costi diversi rispetto ad un semplice termoutilizzatore. Basti pensare, ad esempio, che i termoutilizzatori non pagano alcunchè per le emissioni di Co2 e godono di incentivi sulla produzione di energia. Un waste to methanol, invece, è soggetto alla normativa che regola le emissioni e la loro tassazione. C’è anche un secondo aspetto: la manifestazione di interesse pubblicata dalla Regione prevede che, semplificando, se qualcuno avesse presentato un progetto economicamente più vantaggioso, Isab/Lukoil avrebbe dovuto cedere l’area all’interno dei suoi stabilimenti a favore di una ditta terza. Avrebbe ricevuto relative economie di vantaggio, è chiaro. Ma immaginate mezzi pesanti, autocompattatori e personale di una ditta terza che devono entrare e circolare in un ambiente complesso come è quello di una grande area industriale di raffinazione. Improponibile e onestamente difficile da spiegare agli investitori russi di Lukoil.
Due passaggi su cui la politica locale e regionale non avrebbe mostrato volontà di affrontare e risolvere, avvicinando le posizioni. E’ quanto a mezza bocca sostengono pezzi importanti del management industriale del siracusano. “Non sono disposti neanche a parlarne”, rincarano la dose fonti vicine a Confindustria Siracusa. “La politica non capisce che è difficile spiegare ad investitori stranieri posizioni e barricate ideologiche”.
Impianti di waste to methanol sono già presenti in Giappone, in Canada ed in Spagna. L’impianto spagnolo è del tutto simile a quello che era stato progettato per Siracusa. “E’ una occasione persa? Probabilmente si, per la zona industriale”, il commento che rimbalza proprio dal polo petrolchimico aretuseo. La paura è che il copione già visto per il rigassificatore possa ora ripetersi. E viene quasi automatico mettere in parallelo queste storie e vicende con quanto accaduto per i progetti di resort sulle coste siracusane.

in foto, l’impianto waste to methanol di Edmonton (Canada). Foto di Curtis Trent, dal web