Spiagge, la nuova norma spaventa i balneari: a Siracusa sono 300, canone massimo da 30mila euro
Sono poco meno di 300 le imprese balneari in provincia di Siracusa. Gestiscono i lidi sulle spiagge, approdi turistici, verande di ristoranti e concessioni private per passaggi tecnici. Dal 2024, però, rischiano di perdere le loro concessioni per via del recepimento integrale, da parte dell’Italia, della cosiddetta direttiva Bolkestein. Un emendamento al ddl Concorrenza stabilisce che dal primo gennaio 2024 tutte le concessioni esistenti in Italia vadano messe all’asta, per riassegnarle in una ottica di mercato europeo. Questo potrebbe comportare che le aziende italiane oggi esistenti, come quelle siracusane, e spesso a conduzione familiare, verrebbero soppiantate da società europee con grande disponibilità di capitali. La Red Bull, non è un mistero, sta puntando ad esempio sulla costa romagnola e sulla Sicilia.
“E’ una cosa totalmente illegittima e sbagliata”, ruggisce Giampaolo Miceli, responsabile regionale dei Balneari Cna. “L’Italia ha recepito la direttiva europea in maniera integrale, mentre gli altri nostri concorrenti come Spagna, Croazia e Portogallo hanno adottato misure di salvaguardia per le loro aziende. Ora, capisco che si pensa sempre ai balneatori come privilegiati, ma qui stiamo parlando di tremila imprese solo in Sicilia, e di servizi oggi garantiti al comparto turistico”, argomenta Miceli.
“I canoni di concessione sono considerati irrisori? Dobbiamo sfatare un mito: la costa è occupata per non più del 60%. I concessionari hanno avuto l’autorizzazione secondo il principio di legge che non gliela avrebbero revocata fin tanto che avessero rispetto norme e pagando i canoni, assicurando la pulizia della spiaggia. Anche quella libera adiacente che altrimenti sarebbe rimasta abbandonata. Peraltro – continua Giampaolo Miceli – la Regione ha già certificato che nel 2024 non sarà in grado di fare le gare per le coste. Questo vuol dire che le spiagge rimarranno vuote. Qualcuno esulterà. Ma non avremo più servizi. E con le spiagge abbandonate non avremo nessuna bandiera blu. Allora, facciamo le persone serie: discutiamo di canoni, da anni diciamo di volerli rivedere. Ma non distruggiamo un patrimonio di aziende e di capitali italiani in nome dell’Europa”.
In provincia di Siracusa, gli stabilimenti pagano concessioni da 25/30mila euro l’anno. C’è una proposta per rivedere al rialzo il “costo” delle concessioni. “Ma non si può mettere sullo stesso piano uno stabilimento in Versilia con uno a Portopalo. Non valgono ovviamente la stessa redditività. Riparametriamo, ma con criterio. Non cancellando un settore”, invita Giampaolo Miceli. “I balneari sono considerati paperoni? I 15 miliardi di cui si parla sono quelli di fatturato nazionale, a fronte di costi per 13,5 miliardi”.
Gli operatori siciliani si sono intanto dati appuntamento a Catania per il 28 febbraio. Prima giornata di mobilitazione. Poi Massa e quindi dritti su Roma. “Quella compiuta è una delle scelte peggiori per gli interessi del Paese e non c’è percezione del problema. Annullare un patrimonio imprenditoriale di circa 300 aziende nella sola provincia di Siracusa (meno della metà stabilimenti balneari, ndr) significa annullare i servizi alla balneazione. E senza quelli, l’impatto sul turismo sarebbe enorme”.
Ma come rompere diversamente un sistema dove pare non esserci concorrenza, con concessioni sempre agli stessi.’ “Ricordo che spazio per nuovi investimenti in provincia di Siracusa ce ne è, eccome. Qualcuno vorrebbe prendersi spazi già acquisiti, ma parliamone nel momento in cui non ci sarà più spazio per altri”, risponde il responsabile regionale dei balneatori.