Tre giorni in Pronto Soccorso, poi il decesso: la triste storia finisce in un esposto in Procura
Finisce con un esposto in Procura, la triste vicenda di un uomo di 95 anni deceduto dopo 3 giorni trascorsi al Pronto Soccorso dell’Umberto I di Siracusa. “Siamo indignati”, ruggiscono rabbiosi i familiari. A raccontare la storia è la figlia del 95enne. Per ragioni di privacy, omettiamo la pubblicazione dei nomi.
“Giorno 1 abbiamo accompagnato mio padre in ospedale, dopo aver riscontrato con tampone rapido la sua positività al covid. Su consiglio del medico, provvediamo e alle 11 entra in Pronto Soccorso”. Lei non può seguire di persona il decorso in ospedale, perchè in quarantena in quanto contatto di positivo. Al telefono, cerca comunque di avere notizie dal reparto sul suo anziano papà. “Dovevano trasferirlo in un reparto covid, ma non a Siracusa perchè mi dicevano fosse saturo. Forse Noto o Avola. Ma prima del ricovero in reparto, attendevano l’esito del tampone molecolare. Ancora l’indomani, però, di questo tampone non si conosce l’esito. Ed un medico candidamente mi confessa al telefono che non si conosce perchè sarebbe venuto fuori che non era ancora stato fatto. Vero o falso, questo mi hanno detto…”. La situazione clinica dell’uomo, nel frattempo, si sarebbe fatta ancora più critica. “Parlo sempre al telefono con un altro medico. Mi spiega che è subentrata una fibrillazione atriale e ipossia. A mio avviso, un uomo di 95 anni e in quelle condizioni non doveva essere gestito così, lasciato al pronto soccorso e probabilmente su di una barella. Fatto sta che giorno 3 ricevo nel pomeriggio una fredda telefonata da parte di una dottoressa che, senza troppi giri, mi informa che mio padre è morto. Soprassiedo sui modi, privi di ogni tatto, nella comunicazione. Ma mio padre non doveva fare la fine del topo, tre giorni al pronto soccorso senza mai passare in un reparto”.
Sin qui il racconto della donna. Per verificare e chiarire i vari passaggi, oltre che per correttezza, abbiamo contattato il direttore del Pronto Soccorso, Aulo Di Grande. Educatamente, ci ha invitato a contattare l’ufficio stampa dell’Asp ma anche a spiegare ai cittadini che possono rivolgersi all’Ufficio Relazioni Pubbliche prima che ai giornali. Ci permettiamo, rispettosamente, una considerazione: se i siracusani preferiscono rivolgersi alla stampa, deve pur esserci un motivo. In ogni caso, abbiamo seguito la procedura e contattato telefonicamente l’ufficio stampa dell’Azienda Sanitaria. Forse perchè poco fortunati, non abbiamo ricevuto risposta.
Nel frattempo, aumentano le segnalazioni. L’ultima questa mattina riguarda un uomo, anche lui risultato positivo al covid. “Dalle 9 di ieri mattina è al pronto soccorso. Ha una polmonite accertata dalla tac e saturazione bassa. Lo hanno tenuto dodici ore seduto su di una sedia, perchè non ci sono posti. Solo poche ore fa ha ottenuto una barella. Ma in tutto questo tempo, non è stato sottoposto ad alcuna terapia particolare”, raccontano i parenti dall’esterno. “Ha la polmonite, non riesce a parlare, sta male. Non lo hanno aiutato neanche per andare in bagno. E’ sanissimo, non è un vecchietto. Per evitare che avanzi la polmonite da covid riteniamo che non sia la scelta migliore lasciarlo così. Sono anni che ci mettono in guardia dalla polmonite covid perchè pericolosa. Non lo possiamo abbandonare, aiutateci”, si sfogano in ripetuti contatti con la nostra redazione. L’uomo non è vaccinato ed i suoi parenti si lasciano sfiorare dal dubbio: “lo stanno discriminando per questo?”. Ovviamente no, da quel punto di vista la serietà dei medici non può essere messa in discussione. Nella tarda mattina, è stato trasferito in reparto a Noto.
La forte pressione del virus sulla macchina della sanità pubblica fa purtroppo sentire, pesante, il suo impatto. E queste storie lo testimoniano, senza voler giudicare la qualità del lavoro svolto quotidianamente dai sanitari. Sono pochi, gli spazi angusti, i posti letto ridotti. L’altro volto della pandemia, specie per una sanità depotenziata negli anni passati, è questo.
foto archivio