Tutela del territorio e sviluppo: come conciliarli nel parco degli Iblei? Parola all’esperto
Più e più volte possibili nuovi investimenti sono finiti impantanati nel mai pienamente risolto “scontro” tra esigenze legittime come la tutela del paesaggio e la necessità di sviluppo. Recentemente, sulla vicenda del resort della Pillirina, si è pronunciato il Cga stabilendo la supremazia del valore del paesaggio.
Ma sul punto non c’è univoca accettazione, considerando l’impostazione rigida e statica, non in linea con i tempi. Il tema si ripropone con forza adesso, sullo sfondo dell’istituzione del grande (troppo?) parco nazionale degli Iblei.
Giuseppe Spinoccia è un noto architetto pianificatore paesaggista, dal 1982 attivo nel territorio siciliano. Nel suo giudizio sull’attuale perimetrazione del parco, condivide il pensiero di chi lamenta un carattere “fortemente limitativo” verso altre attività che non siano prettamente agricole. E questo presupposto – sostiene – “condiziona e nega lo stesso sviluppo sostenibile del territorio”. Ecco perchè anche il paesaggista ritiene necessario dare la possibilità agli Enti pubblici (le Soprintendenze ed altri Enti deputati ) di esprimere i propri pareri di competenza “sulle iniziative imprenditoriali presentate, consentendogli anche di poter derogare alle attuali restrittive norme, con delle eccezioni alla stringente normativa prevista”.
L’analisi di Giuseppe Spinoccia parte da una dato di fatto: “In questo momento storico non si può ripartire con le vecchie regole, altrimenti non basta promulgare decreti su decreti di ripartenza o di resilienza, perché si resterebbe comunque bloccati ai nastri di partenza con i ‘divieti’ passivi ed assoluti imposti da norme inerenti la tutela del paesaggio. Con la prossima istituzione del Parco Nazionale degli Iblei, non è più possibile preferire un utilizzo esclusivamente ‘passivo’ del territorio, senza neanche lontanamente considerare la possibilità di un suo utilizzo per uno sviluppo dinamico di tipo sostenibile”. Insomma, un eccesso di vincoli e divieti finirebbe per osteggiare “ogni iniziativa imprenditoriale privata o pubblica” perchè la stringente normativa proposta “vieta quasi sempre la realizzazione di iniziative idonee a
promuovere e valorizzare le risorse locali, con particolare riguardo non solo alle attività agricole ed alla lavorazione dei relativi prodotti, ma anche alle attività di tipo infrastrutturale tecnologico e non, ricreativo, turistico e sportivo”. Quella che alcuni, con riferimento all’eccesso di tutela, definiscono “mummificazione” del territorio.
“L’attuale perimetrazione del Parco degli Iblei – spiega l’architetto paesaggista – con le sue tre vaste zone di tutela, ha evidenziato in modo chiaro la supremazia ‘sovraordinata’ della ‘cultura della tutela statica’ sul territorio”. E come conseguenza di questa scelta, anche nella zona di tutela intermedia – la 2, evidenziata in giallo – oltre ai vincoli già apposti da leggi e decreti nazionali e regionali ad hoc, si calano divieti in quelle aree in cui “gli strumenti di pianificazione urbanistica vigenti avevano invece individuato zone di potenziale possibile sviluppo economico del territorio e di valorizzazione del
paesaggio dell’entroterra”. Ecco qui spiegata la supremazia della cultura della tutela ‘passiva’, “anteposta alle culture dello sviluppo sociale e del lavoro”.
Ma solo il blocco del territorio può dunque garantire la salvaguardia dell’ambiente per le attuali e le future generazioni? Spinoccia non si tira indietro e risponde al quesito. “In questo momento storico, dove la crisi socio-economica è arrivata a percentuali elevatissime e gravi, bisogna trovare il coraggio per ottenere un giusto equilibrio per arrivare ad un lato ad una riapertura graduale ma costante delle attività lavorative e dall’altro ad un effettivo sviluppo sociale sostenibile del bene territorio e, conseguentemente dell’occupazione”. Viene naturale domandare come renderlo possibile. “Dobbiamo riuscire a mettere a reddito i tesori del nostro territorio, attraverso un’attenta gestione manageriale, autonoma e competente. Bisogna avere il coraggio di individuare delle possibili eccezioni alle tutele passive, per consentire, previo preventivo e veloce accertamento, quella possibilità realizzativa di attività ed interventi che siano comunque sempre rese compatibili alle varie esigenze di tutela”. Superare, quindi, il “no” aprioristi ed a tutto per avviare un nuovo percorso di ascolto, confronto e crescita.