Industria, Legambiente rivela: “Gip ha sollevato caso incostituzionalità del salva Isab”
Il gip del Tribunale di Siracusa ha sollevato la questione di legittimità costituzionale di una delle norme del cosiddetto decreto “salva Isab”. Il passaggio in questione è quello che, in caso di sequestro preventivo da parte dell’autorità giudiziaria di stabilimenti industriali dichiarati di interesse strategico nazionale o di impianti o infrastrutture necessari ad assicurarne la continuità produttiva (il depuratore Ias, appunto), consente al giudice di autorizzare la prosecuzione dell’attività se sono state adottate misure di bilanciamento tra le esigenze dell’attività produttiva e dell’occupazione e la tutela della sicurezza sul luogo di lavoro, della salute e dell’ambiente.
A renderlo noto è Legambiente che si sofferma sulle considerazione del giudice, secondo cui il provvedimento in questione avrebbe operato solo un apparente bilanciamento fra beni costituzionali in potenziale conflitto, consentendo una compressione eccessiva e illegittima del diritto alla salute e all’ambiente in favore del diritto alla libera iniziativa economica privata. “Questo accade perché il decreto interministeriale del 12 settembre 23, sostanzialmente sostituisce le prescrizioni più rilevanti delle autorizzazioni vigenti, consentendo l’immissione di reflui connotati da percentuali di inquinanti di gran lunga superiori ai limiti di legge”, fa notare l’associazione ambientalista.
Critica anche la lettura circa la previsione di una misurazione della media dei valori su base mensile anziché giornaliera, perchè consentirebbe alle aziende – secondo quanto sostenuto da Legambiente – di effettuare scarichi di reflui potenzialmente caratterizzati da picchi giornalieri di inquinanti illimitati. “Incredibilmente per i parametri Idrocarburi Totali, Fenoli e Solventi Organici Aromatici il DPCM prescrive il rispetto di indefiniti valori limite massici annuali. La determinazione puntuale di tali limiti massici, espressi come quantità di inquinante emessa nell’arco di un anno, viene rimandata ai provvedimenti di riesame delle AIA di tutti i Grandi Utenti e lasciando nel vago chi, come e quando dovrebbe regolamentare e con quali limiti emissivi il lungo periodo transitorio finché non si giungerà alla conclusione delle procedure di riesame”.
Leggendo l’ordinanza del Gip, Legambiente trae la conclusione che ad essere “sotto accusa” sia l’intero impianto normativo messo in piedi in seguito al sequestro preventivo, per evitare la chiusura del depuratore – su cui sono noti i rilievi mossi dalla Procura di Siracusa – e garantire la continuità produttiva del polo petrolchimico di Siracusa.
Per il presidente nazionale di Legambiente, Stefano Ciafani, “ancora una volta in Italia si costringe la magistratura ad intervenire su problemi lasciati insoluti per anni dalle altre istituzioni e dalla politica nazionale e locale. La continuità produttiva non deve più, in nessun caso, mettere in pericolo la salute dei cittadini né provocare danni ambientali. I territori e le comunità locali che hanno pagato un così alto prezzo alla industrializzazione del nostro paese meritano la massima attenzione e una coerente politica industriale che punti al risanamento e all’innovazione produttiva”.
Legambiente accusa poi la Regione – proprietaria dell’impianto – di inerzia “più assoluta”, nonostante il decreto del Ministero delle imprese dello scorso settembre attribuisca a Palermo la fondamentale funzione di coordinamento per realizzare le indispensabili opere di adeguamento dell’impianto e risolvere le questioni ambientali.
“Nell’assenza di una seria azione di risanamento tecnico e gestionale dell’impianto di depurazione e, più in generale, di una rigenerazione industriale e occupazionale dell’area, il depuratore IAS pare inevitabilmente destinato ad essere fortemente ridimensionato o addirittura a chiudere”, la previsione di Legambiente. Con buona pace delle bonifiche e delle riconversioni. “E invece questa deve diventare una priorità del governo regionale, che con lungimiranza deve attuare una pianificazione industriale che dia garanzie sul fronte ambientale, sanitario e lavorativo. Sarebbe necessario dichiarare ‘strategiche’ le bonifiche dei SIN siciliani se servisse ad accelerarle”, sostiene Anita Astuto, vicepresidente di Legambiente Sicilia. “Non è ammissibile infatti che dopo 25 anni dall’individuazione di Priolo come Sito di Interesse Nazionale lo stato delle bonifiche a giugno 2023 risulti fermo al palo con il 2,2 % di aree bonificate certificate (terreni 129 ha e falda 121 ha) e solo considerando anche le aree non contaminate si arriva a 554 ettari bonificati, pari al 9,5% dei 5.814 ettari di perimetrazione del Sito. Occorre promuovere una profonda trasformazione dell’industria all’insegna della sostenibilità, che non può che partire dalle bonifiche di questi territori di cui da decenni si promette il risanamento, senza mai realizzarlo. Questo permetterebbe di riqualificare le aree inquinate, produrre nuovi posti di lavoro, riqualificando anche le maestranze già presenti, offrire nuove occasioni di riconversioni produttive fondate su innovazione e sostenibilità”.