Port Utility, corruzione milionaria attorno ai lavori al porto commerciale di Augusta

E’ un inquietante quadro di corruzione quello che emerge dall’indagine Port Utility, con appalti milionari attorno al porto commerciale di Augusta nelle mani dei privati sin dalla stessa redazione dei bandi di gara. Un sistema che, come ha avuto modo di sottolineare anche il procuratore aggiunto Fabio Scavone, “inquina pesantemente” il quadro della libera economia locale. C’erano delle mani (“mani preziose” scrivono alcuni degli indagati in colloqui whatsapp finiti agli atti delle indagini) che muovevano i fili che portavano alla nascita ed all’aggiudicazione di gare per svariati milioni di euro. I dubbi ed i sospetti sollevati dal responsabile anticorruzione dell’Autorità Portuale hanno permesso agli investigatori di trovare conferme su conferme a quanto emergeva dalle attività di indagine, condotte anche attraverso intercettazioni ambientali che hanno consegnato ai finanzieri persino una telefonata contenente una sorta di confessione.

Nell’indagine della Guardia di Finanza di Siracusa finiscono quasi dieci anni di appalti finanziati con fondi nazionali e comunitari per un totale di oltre 100 milioni di affari. Le gare pubbliche bandite dall’Aurotirtà Portuale di Augusta dell’epoca sarebbero state “turbate”. I bandi e i disciplinari, infatti, non venivano direttamente predisposti dai funzionari dell’Ente pubblico appaltante, bensì da professionisti titolari di una società di progettazione siracusana. Inoltre in alcune circostanze, alcuni commissari di gara, dopo aver svolto l’incarico di componente della commissione aggiudicatrice, ricevevano – anche con lo schermo di terzi soggetti – incarichi di consulenza dalla società che si era aggiudicata l’appalto. Una sorta di “ricompensa” per l’attività svolta a favore di chi aveva tutto l’interesse ad “indirizzare” le gare.
Questa mattina sono state eseguite sei ordinanze cautelari, una in carcere (Nunzio Miceli, ingegnere) e cinque ai domiciliari (Pietro e Giovanni Magro, Giovanni Sarcià, Venerando Toscano e Antonino Sparatore). Si tratta di 4 professionisti, alcuni soci dello studio di progettazione Tecnass e di 2 funzionari dell’Autorità Portuale di Augusta. L’accusa è di corruzione e turbativa d’asta.
Gli appalti ritenuti “pilotati” rientrano in quelli previsti nella “Scheda Grandi Progetti – Hub porto di Augusta”. Le opere sono finanziate nell’ambito della programmazione 2007/2013 con fondi Pon e ammontano a circa 100 milioni di euro.
Attraverso la meticolosa ricostruzione delle “relazioni” esistenti tra i tre professionisti titolari della società di progettazione e i due funzionari dell’Autorità Portiale addetti alle procedure di evidenza pubblica, è stato ricostruito che i tre privati “ideavano” i bandi e i disciplinari di gara, mentre i Responsabili Unici del Procedimento dell’Autorità Portuale si limitavano, di fatto, alla stampa e alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.
L’illecito condizionamento delle procedure sarebbe stato preordinato all’aggiudicazione pilotata dell’appalto a soggetti economici con i quali i titolari dello studio di progettazione avevano già concluso “accordi preventivi”. Gli utili – illeciti – venivano “pagati” attraverso “consulenze” per un volume totale di quasi 8 milioni di euro.
Per la gestione dei contratti di consulenza, i tre professionisti avevano anche creato alcune società di diritto maltese. Queste però sono risultate utilizzate solo per incassare i relativi compensi, come hanno dimostrato anche le rogatorie internazionali richieste dalla Procura di Siracusa.
Quanto ai due funzionari dell’Autorità Portuale, incaricati di gestire le gare di appalto, avrebbero incassato circa 500 mila euro ciascuno a titolo di incentivi per le relative attività d’istituto in realtà, rivelano le indagini, svolte dai tre professionisti titolari dello studio di progettazione.
Nei personal computers in uso ai privati, è stata rinvenuta documentazione di quasi tutte le gare di appalto bandite, nonché diversi atti dell’Autorità Portuale. L’indagine tecnica svolta sui pc ha poi acclarato che lo studio di progettazione aveva stipulato accordi con le imprese che avrebbero vinto gli appalti ancor prima che venisse pubblicato il bando di gara. Inoltre gli stessi indagati, sentiti sul punto, hanno ammesso che gli atti di gara erano stati predisposti da mano privata.
Figura di spicco del complesso sistema corruttivo è – secondo la Procura – l’ingegnere Miceli considerato “regista” del sistema di distribuzione degli appalti. In passato, per una simile indagine, era già stato destinatario di una ordinanza cautelare.
Più sfumate le posizioni degli altri soggetti coinvolti come due ingegneri sospesi dall’attività per 6 mesi e 12 mesi.
Disposto anche il sequestro della somma di circa 1 milione di euro, anche per equivalente. Sequestrata anche la società di progettazione (Tecnass srl).

 

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