Siracusa. Pensione d'invalidità? Con 2.000 euro e le giuste patologie: le intercettazioni
Per “garantirsi” la pensione di invalidità o l’accompagnamento si dovevano sborsare 2.000 euro. La “tariffa” emerge dalle carte della nota inchiesta “Povero Ippocrate” di Procura e Carabinieri di Siracusa. I soldi, secondo gli investigaotri, servivano per “semplificare” il sistema ed evitare sorprese in commissione di accertamento dell’invalidità.
Secondo l’accusa, il meccanismo girava attorno a Rosaria Mangiafico ed al suo patronato di fatto. Intercettata al telefono la donna, finita ai domiciliari, commenta l’atteggiamento negativo di una paziente, riottosa nel pagare. “Mi disse ma ora poi quanto ci dobbiamo dare, ci dissi (…) lo sai che ci vogliono 2.000 euro”. Di trattare sul prezzo non se ne parla. E sempre la Mangiafico, parlando con un parente, si sfoga. “Ci dissi ma allora per davvero… ma anche se ce ne volessero 4.000 nemmeno dovresti parlare proprio, nemmeno dovresti parlare…è cosa di accompagnamento suo marito?”.
Le patologie su cui basare la pensione di invalidità? Si decidevano, in molti casi, a tavolino. “E allora aspetti che gli aggiungiamo qualche cosa…cardiopatia dilatativa, insufficienza renale, celebrare…”, dice al telefono il neurologo Santo Cultrera, anche lui ai domiciliari, che non sa di essere ascoltato anche dai carabinieri mentre discute con la Mangiafico. “Questa qua gli si può aggiungere: uropatia, che si fa la pipì addosso…”, suggerisce proprio la donna. “Allora, aspetti… insufficienza renale con incontinenza… Che data ci dobbiamo fare? Lo possiamo fare anche a fine aprile”, propone Cultura mentre annota.
La Procura è convinta che i due avrebbero pianificato a tavolino anche il quadro clinico di almeno un’altra paziente da presentare alla commissione per la pensione di invalidità. “Io ho messo deficit statico e dinamico dell’equilibrio, che non cammina…ma ci posso mettere paziente su sedia a rotelle”, dice Cultrera quasi cercando conferma. Una conferma che arriva puntuale al telefono: “certo che glielo può mettere, con la sedia a rotelle ci va…”, assicura Rosaria Mangiafico che era prodiga di consigli anche con i suoi “assistiti”. Parole da usare, occhi da abbassare, finte confusioni ed altri espedienti per apparire credibili agli esaminatori che in ogni caso, secondo l’accusa, sarebbero stati “morbidi” già in partenza.