Siracusa. Ristoranti, Fase 2 ma non per tutti: "A queste condizioni non possiamo riaprire"
Una ripartenza che si trascina una serie di importanti preoccupazioni e che spinge molti ristoratori a riflettere seriamente sull’opportunità o meno di riaprire o, nel caso in cui la scelta sia già stata compiuta, di tornare a chiudere. Il malcontento del settore è evidente ed è legato ad aspetti economici che i primi due giorni di attività hanno già palesato. Pochissimi clienti, pochissime possibilità di guadagno, ma le spese da sostenere sono quelle di sempre. Tra i ristoranti che rimangono chiusi lo storico e prestigioso “Don Camillo” di Giovanni Guarneri. Il problema non riguarda tanto le norme che impongono regole e distanziamento fra i tavoli e fra i clienti. Si tratta di questioni di natura esclusivamente economica. I ristoratori non ritengono sufficienti le misure varate dal Governo. “Troppi problemi non sono stati adeguatamente attenzionati- spiega Guarneri- a partire dalla gestione della cassa integrazione. Basta fare due calcoli per rendersi conto che quando si dice che è prorogata fino al 31 ottobre, in realtà non si intende dire che fino ad allora potremo utilizzarla. Si può utilizzare per 5 settimane nel primo blocco e per 4 nel secondo, dal primo settembre al 31 ottobre. Se si considera che i ristoranti sono chiusi, vuol dire che dal 12 giugno non potremo più ricorrere alla cassa integrazione, nè licenziare, cosa che comunque sarebbe molto spiacevole. Le aziende avranno dipendenti da retribuire ma senza la presenza della clientela, come i numeri di questi giorni dimostrano e non era del resto difficile immaginare”. Guarneri parla di “Ortigia deserta. Si va magari a bere una birra- aggiunge- ma i colleghi raccontano di serate ben al di sotto delle speranze”. In diversi starebbero ipotizzando di ripartire con la riapertura delle regioni. “E’ un errore non aver tenuto conto delle differenze tra le tipologie di aziende. Le nostre sono esigenze e dinamiche specifiche. Vale anche per il resto del settore turistico. Tanta voglia di ripartire ma le possibilità concrete ci costringono a scelte dolorose”. Guarneri lo dice in maniera chiara: “C’è rabbia- Non è solo la mia. La sento nelle chat con i colleghi del settore. Amarezza, preoccupazione. Il problema sociale sta venendo fuori, C’è il pane di tante famiglie in ballo, gli imprenditori, i lavoratori, che spesso non hanno nemmeno ricevuto ancora la cassa integrazione. Fino al 17 agosto non è possibile licenziare, è però possibile mettere i dipendenti a zero ore. Qual è il risultato? Di certo nulla di incoraggiante” . L’opinione di Guarneri è che “ci si sia concentrati troppo sulla questione tavoli, plexiglass e aspetti di questo tipo, trascurando quello che è invece l’aspetto più importante. Le aziende vanno sostenute. Probabilmente la soluzione non è nemmeno il ricorso alla cassa integrazione. Con quei fondi si potrebbero, piuttosto, aiutare la aziende a ripartire. Nel nostro caso magari a lavorare a nuovi menu, con i dipendenti operativi, non tenuti a casa, non operativi”. Alcune misure potrebbero essere varate in attesa delle decisioni dell’Europa. “Ma nel frattempo- chiede Guarneri- chi paga? Come sosteniamo il periodo che verrà, tenendo contro di tutti i danni già subiti?”. Nel territorio, lo sconforto è aumentato a dismisura ieri, dopo la notizia dell’annullamento degli spettacoli classici. “La formula scelta in alternativa tampona, certo- aggiunge Guarneri- ma non potrà essere la stessa cosa in termini di ricadute per il nostro settore”.