Disagi all’ospedale Umberto I: “Nemmeno una cassa per pagare il ticket, giri assurdi per una visita”

 Disagi all’ospedale Umberto I: “Nemmeno una cassa per pagare il ticket, giri assurdi per una visita”

Disagi per i cittadini che si ritrovano alle prese con prenotazioni di visite e, più in generale, prestazioni sanitarie all’ospedale Umberto I di Siracusa.

Una tra le azioni più semplici da sempre, il pagamento del ticket, può diventare a volte una vera e propria impresa, che può costringere l’utente a procedure senza dubbio poco comode e poco lineari prima di poter accedere al servizio richiesto.

Capita, così- questa una delle testimonianze dirette raccolte dalla redazione di SiracusaOggi.it – che un appuntamento fissato per un controllo, non presenti, nella comunicazione rilasciata, l’importo del ticket da pagare. Sembrerebbe un problema da poco. Diventa, al contrario, un caso di difficile soluzione.

In linea di massima, il cittadino può avvalersi, per accorciare i tempi di attesa, del servizio di prenotazioni nelle farmacie aderenti, che fanno da supporto in questo modo al Cup, il centro unico prenotazioni dell’Asp. Nel caso in cui, tuttavia,  l’importo del ticket da versare non sia stato indicato, le farmacie non possono far pagare il cliente, dirottato all’ospedale Rizza. Ci si sposta nella struttura sanitaria della zona alta della città,  dove un’unica cassa per il pagamento del ticket è stata posizionata all’ingresso: una sola cassa, un solo impiegato.

Nemmeno lui riesce a risalire all’importo.  Il cittadino è invitato, dunque, a rivolgersi nuovamente all’ospedale Umberto I, tornando nella zona di corso Gelone, per chiedere a “qualcuno”  che venga indicato l’importo richiesto per pagare il ticket e accedere alle prestazioni sanitarie di cui si necessita. Un’impresa anche “chiedere a qualcuno”, visto che all’ospedale di via Testaferrata la reception non è attiva. Non c’è nessuno, insomma, e non c’è nessuna cassa attiva. Eventualmente, il ticket può essere pagato presso una vicina ricevitoria.

Facile immaginare che dopo i primi “”tira e molla” si possa decidere di rinunciare (qualora possibile) e di rivolgersi ad una struttura sanitaria privata.  Finale, insomma, non proprio a sorpresa.

 

 

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