Se questo è un parco: incuria, vandali, inciviltà. Così è morto il Robinson Bosco Minniti
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Certo, c’è stato il maltempo. Ma dare tutte le colpe alla pioggia ed al forte vento sarebbe come non voler vedere il problema nella sua interezza. A voler essere netti, il parco Robinson di Bosco Minniti è lo specchio del fallimento delle più recenti politiche inclusive degli ultimi 15 anni, almeno. A scorrere le cronache, è una sofferenza continua: il tensostatico vandalizzato, i giochi distrutti, le ringhiere esterne rubate, i muretti a secco divelti, i bagni vandalizzati, i rifiuti buttati all’interno, il verde non curato, i sentieri smontati.
Le (poche) contromisure adottate hanno apportato qualche beneficio a tempo, per poi lasciar precipitare di nuovo nel suo triste oblio il più grande parco siracusano, a servizio della zona popolare.
Il parco Robinson è morto. Sta lì, ma oramai non da alcun cenno di ripresa. Chi lo usa, sa cosa trova e se lo fa stare bene. Forse di meglio non sapremo mai fare, senza coinvolgere i privati e senza denunciare ed arrestare ladri, vandali e malintenzionati in vario ordine.
Gli alibi non mancano: cittadini che non hanno il minimo rispetto del bene pubblico ma che pretendono ugualmente decoro e dignità, politica assente sui fronti della gestione, controllo e manutenzione, forze dell’ordine impegnate (giustamente) sui emergenze e fenomeni criminali propriamente detti. Messa in questo modo, pare quasi che del parco Robinson non importi niente a nessuno. Non è così, beninteso. Ma nessuno ha voluto o potuto trovare una soluzione, se non definitiva almeno a lunga durata.
Tagliare la vegetazione lungo il perimetro per rendere l’area meno “protetta” ed “oscura” e quindi visibile anche dall’esterno? Bene, ma non produce di per sè un rallentamento dei fenomeni delinquenziali all’interno o una maggiore partecipazione nella segnalazione e denuncia da chi vive o passa nell’area. Ha solo spostato la responsabilità della soluzione dal pubblico ai cittadini. E questi ultimi, qui come altrove, hanno rinunciato. Anche arrivare a chiudere il parco Robinson non servirebbe, perchè sparirebbero i cancelli o si allargherebbero gli ingressi abusivi lungo il muro di cinta. Siracusa, alle volte, sa essere una città che non vuol essere amministrata. Quello, però, non è più un parco. Solo una landa di terra dove ognuno può fare quel che vuole.