Addio a padre Panzica, il sacerdote dei poveri che fece della Mazzarrona una “comunità”
In una gremita chiesa di San Corrado Confalonieri, alla Mazzarrona, l’ultimo saluto a padre Antonio Panzica. Per il sacerdote che aveva incarnato lo spirito di resilienza e riscatto della periferia, c’era tutta la sua comunità seduta tra i banchi della parrocchia che ha visto nascere e crescere. Le famiglie, i giovani, le istituzioni che – a corrente alternata – hanno raccolto e seguito i richiami del sacerdote che per 42 anni di servizio è stato sempre dalla parte degli ultimi, in una delle zone da sempre considerate più sensibili al disagio.
Il gonfalone della città di Siracusa è esposto sotto l’altare, insieme al vessillo della Caritas. Sui banchi, è stato lasciato un foglio stampato: “La misura di una vita ben spesa non sta in quanto è durata ma in quanto si è donato”.
A celebrare il triste officio, l’arcivescovo Francesco Lomanto. L’alto prelato, nella sua omelia, si è soffermato sul valore dell’esempio di padre Panzica. “In un quartiere periferico ed a rischio in cui può succedere di tutto e di più, la presenza della Chiesa è necessaria e deve essere delicata. Accoglienza, incontro, praticando sempre lo stile francescano dell’evangelizzazione. Amorevole ascolto per chiunque, senza giudicare e senza guardare nessuno dall’alto in basso”, ha detto Lomanto con riferimento al servizio condotto da padre Antonio Panzica.
“La roccia su cui siamo aggrappati”, racconta al microfono una donna, con la voce rotta dai singhiozzi. Ricorda “il sorriso accogliente, il cuore immenso” del sacerdote scomparso lunedì che “fino all’ultimo si è speso per i giovani del quartiere e per i poveri”. Poi una riflessione cristiana sulla morte, con la lettura di una poesia scritta dallo stesso sacerdote: “Quel giorno, Dio Amore mi stringerà nel suo cuore ed io sarò felice”. Un animo gentile quello di padre Panzica, al tempo stesso però battagliero. “Non voglio ritirarmi o andare in pensione, voglio morire da combattente”, aveva confidato ad un confratello. E le sue battaglie sono da quarant’anni la storia della Mazzarrona, la storia della periferia dimenticata che tenta di rialzare la testa, combattendo dove gli altri si sono arresi.
Adesso riposerà nella chiesa dei padri Cappuccini. Con la speranza, ripetuta nelle parole e letta negli sguardi dei suoi parrocchiani, che un giorno possa riposare nella “sua” Mazzarrona, in quella chiesa che ha fatto comunità partendo da pareti di latta ed un container.